LA SENTENZA
Bimbo nato morto: condanna
Tre mesi al ginecologo che non ricoverò la madre. Applicata nuova norma del Codice

Due settimane fa, al termine della sua requisitoria, il pubblico ministero Davide Toscani aveva riqualificato il reato contestato all’imputato da omicidio colposo a interruzione colposa di gravidanza, e aveva chiesto una condanna a tre mesi di reclusione.
Ieri, 8 giugno, la sentenza del giudice monocratico Anna Azzena, che ha inflitto proprio tre mesi di carcere a un ginecologo dell’ospedale di Cittiglio, difeso dall’avvocato Andrea Orelli, che nell’aprile di tre anni fa visitò una donna incinta alla trentunesima settimana, in ospedale perché accusava dolori pelvici.
Al termine degli accertamenti da parte del professionista, la donna fu dimessa ma quattro giorni dopo il bimbo che portava in grembo morì.
Il ginecologo è stato condannato, con sospensione condizionale della pena, sulla base dell’articolo 593 bis del Codice penale («chiunque cagiona a una donna per colpa l'interruzione della gravidanza è punito con la reclusione da tre mesi a due anni»), in vigore da questa primavera, e quindi dovrebbe trattarsi di uno dei primi casi di applicazione della norma in Italia.
La coppia che ha perso il figlio e che si era costituita parte civile nel processo è stata anche risarcita: alla moglie, assistita dall’avvocato Corrado Viazzo, andranno 30.000 euro, mentre al marito, assistito dall’avvocato Vera Dall’Osto, 20.000 euro.
Il medico ha sempre respinto con forza l’accusa di aver agito con imprudenza e negligenza, rivendicando la bontà del proprio operato, ed è quindi scontato un suo ricorso in appello, una volta che saranno state depositata le motivazioni della sentenza di condanna.
In aula era stato sentito anche un consulente della difesa, che ha sostenuto che a suo avviso il collega di Cittiglio applicò i protocolli adatti e che il decesso del feto sopraggiunse poi a causa di un prolasso del funicolo, ossia per «un evento imprevedibile».
Tutto cominciò la notte tra il 6 e il 7 aprile 2015. La donna arrivò il mattino dopo al pronto soccorso dell’ospedale di Cittiglio affermando che poche ore prima aveva avuto perdite trasparenti e accusando dolori pelvici.
Di qui una visita specialistica a cura del ginecologo, al termine della quale la donna fu dimessa. Secondo la Procura, però, sarebbe stato necessario un ricovero «quantomeno in regime di osservazione» e proprio il fatto di non aver provveduto avrebbe portato alla morte del feto, avvenuta quattro giorni dopo, quando la donna tornò d’urgenza all’ospedale di Cittiglio.
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