IL PRECEDENTE
Cinque anni fa un "no" deciso
Nel 2010 fu respinta senza mezzi termini la richiesta di far disputare i playoff a Villa Cortese nell'impianto di viale Gabardi. Qualcosa è cambiato
«La presenza di un’altra squadra di serie A1 di volley femminile nel Palayamamay non rientra tra gli obiettivi di breve o di lungo periodo della Futura Volley». Questa frase è il passaggio cruciale, a suo modo storico, di un comunicato emesso dalla società bustocca il 27 febbraio 2010 in risposta a una richiesta del Comune di Busto Arsizio che auspicava che il Palayamamay diventasse «casa del volley nazionale ed europeo». Il comunicato mise fine alla querelle che si era sviluppata da qualche settimana dopo la richiesta del Villa Cortese, appoggiata dal sindaco Gigi Farioli, di disputare i playoff nell’impianto di viale Gabardi.
Si trattava di sole partite di post season, niente allenamenti, e di un canone da versare. La Futura, appoggiata in modo marcato da Inticom ora come allora titolare della nominalità dell’impianto, schierò convenzioni, legali e cavilli e difese coi denti la sua casa. Cinque anni e cinque mesi dopo le cose son cambiate, le porte del Pala si sono spalancate ad altri per tutto un campionato, allenamenti compresi.
Che cosa è cambiato? Innanzitutto parte della dirigenza e poi il nome dell’altro club: un lustro dopo il comunicato può essere legittimamente riletto come un "no" ad personam. Unico indirizzo: Flavio Radice. Una scelta che allora giudicammo miope, in un giudizio che alla luce di quanto avvenuto successivamente confermiamo poco lungimirante per il movimento e, negli ultimi due anni, per la stessa Futura. Ma pure siamo convinti che quelle righe di comunicato siano di contro uno dei caposaldi della trionfale stagione del triplete biancorosso e in genere dei successi di Busto. Perché chiudere il fortino è stato un punto di forza evidente e un valore attorno al quale la Futura ha fatto leva e quadrato.
Ora la strategia dev’essere cambiata e, con una decisione che - per il peso che ha - deve essere stata condivisa nelle stanze di via Maderna (o no?), la società del presidente Giuseppe Pirola rinuncia a quel valore che essa stessa aveva quantificato e difeso come vitale e inestimabile. La facile obiezione che il Club Italia sarebbe in qualche modo un’anomalia e non una società "rivale", non regge: le azzurrine disputano a pieno titolo il campionato (playoff compresi) e giocano con uno sponsor importante sulla maglia...
Ma non ci si può fermare qui: la scelta della coabitazione crea un precedente che non potrà essere trascurato. Se la Castellanza di turno dovesse scalare le categorie e avere la necessità di chiedere il palazzone per i playoff, sarà possibile, etico e responsabile dirle "no" come avvenuto cinque anni e mezzo orsono?
Si va a ospitare una squadra federale: non si potrà giustificare, d’ora in poi, la chiusura delle porte a una realtà del territorio.
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