Condannato il pedofilo delle Iene
L’ex dipendente comunale condannato a 4 anni e 4 mesi. Una puntata della trasmissione televisiva aveva svelato le indagini
Sono passati appena sette mesi da quella puntata delle Iene che svelò le indagini in corso su Pasquale Buffardi e già c’è la sentenza di primo grado: il sessantaseienne ex dipendente comunale è stato condannato dal gup di Milano Daniela Cardamone a quattro anni e quattro mesi di reclusione, già scontati di un terzo come prevede la scelta del rito abbreviato e dunque in linea con le conclusioni del pubblico ministero Alessia Menegazzo.
Le accuse erano e restano di adescamento di minori, detenzione e di produzione di materiale pedo-pornografico, la pena è comunque contenuta ma l’avvocato Carlo Soldani intende impugnarla in appello. Buffardi - presidente del movimento politico Realtà Popolare - è in carcere a San Vittore da maggio, in esecuzione di un’ordinanza successiva al servizio shock delle Iene che certo non ha reso un favore agli inquirenti che lavorando sotto traccia avrebbero potuto andare molto più a fondo, sia pro che contro.
Il difensore è orientato a chiedere la misura meno afflittiva degli arresti domiciliari in una clinica in cui possa seguire un percorso psichiatrico correttivo, ma le strutture sanitarie dedicate ai detenuti sono poche e sovraffollate. Dunque la permanenza nel penitenziario di piazza Filangieri per ora è inevitabile.
Ma il sessantaseienne sta comunque seguendo un cammino psicologico mirato a rieducare i suoi impulsi. Il gip che lo aveva messo dietro le sbarre aveva definito il modus operandi di Buffardi come un protocollo: contattava bambine pre puberale sui social, le lusingava con apprezzamenti dapprima paterni e pian piano più espliciti. «Ma sei tu nella foto?», scrisse una delle ragazzine irretite, «somigli un po’ a mio nonno». Fu la madre di questa undicenne che tese la trappola all’ex messo comunale: scoperti i messaggi che inviava alla figlia, decise di sostituirsi a lei e dargli corda per poi consegnare tutto il materiale agli inquirenti. E alle Iene.
Gli inquirenti hanno poi trovato una chiavetta che conteneva 1739 immagini e 256 video a contenuto pedo-pornografico e la prova di numerose conversazioni con svariate minorenni e dello scambio reciproco di foto erotiche. Oltretutto l’uomo aveva già un precedente specifico: nel 2015 gli era stata contestata la detenzione di immagini di pornografia minorile all’interno di un computer dell’ufficio, fatto per cui è stato condannato con sentenza definitiva nel 2017, dunque per la procura e per il gip la reiterazione, se lasciato in libertà, sarebbe stata una certezza più che un rischio.
Il sessantaseienne, riportava l’ordinanza, dimostra «spregiudicatezza» anche nell’adescamento contemporaneo di più bambine - a ciascuna delle quali giurava di provare sentimenti inediti e sorprendenti, sensazioni mai avute in vita sua - e allarmante si era rivelata «la violenza verbale delle proposte di contenuto sessuale alle sue interlocutrice». Ora il sessantaseienne ha preso coscienza dei suoi gravi disturbi e intende lavorare su se stesso.
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