CORONAVIRUS
«Mai vista tanta sofferenza»

Appena ha saputo che la Croce Rossa cercava personale per combattere il coronavirus in prima linea, non ha esitato un attimo.
«Ho guardato mio marito, ex ufficiale della Finanza, e gli ho detto: io vado. Lui ha capito la mia scelta. È qualcosa che sentivo di dover fare». Roberta Barlocco, 54 anni, di Vanzaghello, è infermiera all’Istituto San Carlo di Busto Arsizio: da tre settimane ha lasciato il suo lavoro per andare come volontaria all’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, la città più martoriata dall’epidemia. Amore per la professione, senso del dovere, altruismo: nella scelta di Roberta c’è tutto. «I primi giorni sono stati drammatici, la situazione era davvero al limite», racconta.
«Non mi era mai capitato di vedere tanta sofferenza, alcune famiglie sono state decimate. Io stessa, all’inizio, avevo il terrore di essere contagiata: inevitabile quando vedi colleghi e medici che si ammalano». Col passare dei giorni la paura si è attenuata: «Non ci hanno mandato allo sbaraglio. Prima di iniziare a lavorare abbiamo partecipato a una giornata di formazione, l’aggiornamento è continuo».
Il Papa Giovanni è ora totalmente dedicato ai pazienti Covid: l’infermiera (che presta servizio nei reparti non dedicati alla terapia intensiva) alloggia in un albergo nei pressi dell’ospedale. «Resterò a Bergamo altre due settimane – fa sapere - la speranza è che le cose pian piano migliorino. Non si può ancora dire che vediamo la luce in fondo al tunnel, però siamo passati da 100 accessi al giorno a un numero inferiore. E qualche paziente comincia a migliorare. È stato dimesso anche un signore di 92 anni, lucidissimo».
Certo, la guerra è ancora in corso: «Una donna che ha perso il fratello mi ha detto che in questo momento non può neanche permettersi di pensare al lutto che l’ha colpita: deve lottare per sopravvivere e non lasciare i figli. Ci sono situazioni terribili. Ma quando parliamo coi pazienti che stanno meglio, è una vittoria. Impossibile capire perché a Bergamo il focolaio sia così terribile: se lo chiedono in tanti, ma una risposta sicura non esiste». Intanto Roberta continua la missione: «Spero di non essere contagiata e continuare a dare il mio contributo».
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