CORSOLINI
Crisi Varese-Cantù: «Si remi tutti insieme»
L’appassionato documento lasciato dal grande dirigente poco prima della scomparsa
(g.s.) - Gianni Corsolini dedica il suo ultimo pensiero a Cantù e Varese. Nei giorni precedenti alla sua scomparsa avvenuta giovedì scorso, l’ex dirigente - tra i padri del basket italiano moderno, come l’ha definito il presidente federale Gianni Petrucci - aveva espresso il suo punto di vista sull’attuale crisi dei due club lombardi che più gli stavano a cuore. Ossia Cantù per la storica militanza da dirigente e Varese perché residente a Vedano Olona dai primi anni ‘70. I figli di Corsolini ci hanno trasmesso il testo del suo intervento che pubblichiamo integralmente considerandolo un documento di assoluta attualità. Nonché una sorta di testamento spirituale.
«Cantù e Varese insieme sul fondo della classifica: che effetto mi fanno? Forse dovrei e dovremmo chiederci che effetto ci facevano quando vincevano scudetti e Coppe dei Campioni. Il presente è sempre difficile da valutare, una squadra di basket non è solo un soggetto sportivo. È anche e soprattutto un soggetto sociale, un’istituzione per tanta gente, un appuntamento e un vanto per la sua comunità. Dunque, quando si affronta un momento difficile, non è il caso di mettersi a fare dei distinguo, non c’è spazio per altro che non sia la salvaguardia del progetto comune. E anche chi vuole dissentire deve sapere come farlo, accettando che in certi momenti dissentire è un diritto a cui rinunciare e non un dovere da praticare per rivendicare ragioni individuali che, appunto, sono contrarie a quelle collettive. In sintesi, in momenti come questo, bisogna pensare alla continuità, bisogna che ognuno pensi che la squadra è la sua squadra. Bisogna remare tutti nella stessa direzione e poi, una volta arrivati in quel porto che si chiama salvezza - e che nel caso di Cantù e Varese si chiama storia, dunque tante stagioni ricche di esempi positivi e negativi, ricche di quelle lezioni che la storia ci regala - sarà il momento di fare i bilanci, di elencare le cose giuste e sbagliate. Non ho mai sopportato chi sale sul carro del vincitore ma, allo stesso modo, non ho mai sopportato neanche chi esce dal gruppo e si mette egoisticamente a pretendere che debbano morire Sansone e tutti i filistei. Non è la solita posizione di quello che ne ha viste tante. Mi piacerebbe anzi che la gente si facesse una domanda, proprio adesso che non possiamo andare alle partite, espressione che dalle nostre parti vale come dire “vado a casa di un amico”: possiamo permetterci di litigare, o non sarebbe meglio affrontare il momento come un gruppo? Come una squadra potremo andare avanti e superare insieme le difficoltà, mentre ogni grillo che si professa parlante esprimendo la sua verità è destinato invece a rimanere solo».
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