I NUMERI
Covid: a Varese 87 casi, a Busto 66
In una settimana quasi 5mila casi nella nostra provincia
Chi vuole si può consolare, affermando che i nuovi positivi accertati venerdì 30 ottobre, in provincia di Varese sono poco meno della metà del giorno prima. Ma i 920 contagi messi a registro dalle statistiche di Regione Lombardia del giovedì continuano a rappresentare una cifra altissima e spaventosa, la seconda peggiore dall’inizio di un’epidemia che ora, anche in un Varesotto parzialmente risparmiato dalla prima ondata, sembra decisamente essere finito fuori controllo.
Il trend settimanale
Tutti gli analisti che si cimentano negli approfondimenti sul contagio, invitano a non incentrare l’attenzione sui numeri giornalieri, troppo soggetti a variabili legate ai tempi di elaborazione degli esami e a quelli di comunicazione delle statistiche. Tuttavia, anche se si allarga la ricerca paragonando la situazione ogni sette giorni, escono risposte drastiche. Nel Varesotto, la settimana chiusa a ieri ha contato ben 4.906 casi, mentre in quella precedente erano stati 1.861 e in quella prima ancora 709. Il famoso fattore R, che misura la contagiosità in un territorio, da queste parti sarebbe insomma a 2.7, ben oltre la soglia stabilita dai comitati scientifici per proclamare il lockdown. Ed è così ormai da tre settimane. Se la terra dei laghi fosse una nazione a se stante, oggi sarebbe tutto quanto chiuso.
La situazione nelle città
Passando ai dati delle singole città, dopo tre giorni con Busto Arsizio in cima alla lista per i dati delle infezioni da Covid, le ultime statistiche mettono invece in evidenza l’aumento registrato nel capoluogo Varese, con 87 casi nelle scorse 24 ore. Male anche Gallarate e Saronno, dove è normale che ci siano tanti positivi visto il numero di abitanti, ma dove comunque il rapporto proporzionale proietta a percentuali fuori media. Intanto la quota dei varesini la cui positività è stata accertata da un tampone, è salita fino all’1.39%.
Rallentano i lutti
Semmai, in provincia, l’unico elemento in controtendenza è per fortuna quello dei decessi. Ieri sono stati quattro, portando il totale a 624, ma questo non può essere particolarmente tranquillizzante perché si sa che quella dei morti è sempre l’ultima statistica a salire. Finora resta da dire che, basandosi sui numeri lombardi, il pericolo di non farcela riguarda sempre la fascia di età più anziana. Finora, sugli oltre 17mila decessi messi a registro, solo l’1.14% riguarda persone con meno di 50 anni, il 7.39% avevano fra i 50 e i 65 anni, il 19.19% fra i 65 e i 75 anni, e ben il 72.29% dai 75 anni in su. Il tutto con quadri sanitari spesso compromessi da altre patologie.
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