LA STORIA
Nel Ticino l’oro delle fedi nuziali
Nel fiume si cercava il metallo per gli anelli

Già ai tempi degli antichi Romani , testimonia Plinio, si cavava oro dalle sabbie del Ticino, ma la prima testimonianza documentale risale all’anno 1010 e riguarda appunto questioni di diritto sulle sabbie aurifere. La “pesca dell’oro” prosperò, grazie anche alle alte rendite, fino al 1500. Poi, con la scoperta dell’America l’oro locale perse d’interesse e soprattutto di redditività, perché ormai il metallo prezioso era più abbondante e meno costoso. L’attività di ricerca nelle acque del fiume, ormai sempre meno remunerativa, venne così abbandonata, riducendosi a un affascinante passatempo per pochi appassionati. Stretti comunque rimasero i legami con la tradizione, visto che ancora cinquant’anni fa i fidanzati del Vigevanese avevano l’abitudine di cercare l’oro per le vere nuziali proprio sul fiume. Del resto da sempre il corso del Ticino è considerato il sito aurifero per eccellenza della Lombardia. L’oro è diffuso in forma di scagliette sottilissime, nella misura di pochi milligrammi per metro cubo di sedimento, che possono aumentare dopo le piene più violente a causa dell’erosione e della concentrazione di materiale sulle sponde. È stato calcolato che setacciando una tonnellata di sabbia si possono ricavare dai cinque ai dieci grammi d’oro, quantità oggi non remunerativa sotto l’aspetto industriale. Già nell’Ottocento erano stati fatti tentativi più organizzati per cavare oro dal fiume sia nella zona di Oleggio sia in quella di Vigevano, ma tutti erano stati abbandonati. E la ricerca dell’oro era diventata un fenomeno di costume, toccando l’apice negli anni Settanta, quando impazzava la moda di seguire le orme dei vecchi cercatori del Klondike. Nel suo volume “I tesori sotterranei dell’Italia” (1873) Guglielmo Jervis traccia una mappa dei siti auriferi del Ticino e cita Golasecca, Somma Lombardo, Vizzola Ticino, Robecchetto con Induno, Cuggiono, Bernate, Boffalora, Magenta, Robecco sul Naviglio Abbiategrasso, Cassolnovo, Vigevano, Zerbolò, Bereguardo e Torre d’Isola. Oggi sono gli stessi cercatori a far tesoro dell’esperienza dei “colleghi” mettendo in rete consigli e nuove scoperte. Fra i luoghi più gettonati spiccano Castelnovate, Oleggio (sia località Casone che frazione Marano), Varallo Pombia e Somma Lombardo. Quanto alle dimensioni, si possono trovare pagliuzze d’oro da Bereguardo in su verso Magenta, mentre nella zona di Golasecca ci si può imbattere in qualche frammento più grosso, almeno 1,5 centimetri, ma niente pepite, che in Italia restano appannaggio della Val d’Aosta.
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