4 NOVEMBRE
Da bambino a ministro: «I drammi si ripetono»
Giorgetti alla cerimonia nella sua Cazzago
Ha ricordato i reduci che cinquant’anni fa erano presenti in piazza per la celebrazione del 4 novembre. Allora era bambino, Giancarlo Giorgetti, ministro dell’Economia, che oggi, domenica 5 novembre, era nello stesso luogo a vivere la cerimonia a cui lui non manca mai. In prima fila, dietro la filarmonica di Biandronno, accanto al sindaco Emilio Magni, ha percorso il tratto che separa la chiesa parrocchiale di San Carlo dalla sede del municipio dove sulla facciata è affissa la lapide che ricorda i nomi del 17 caduti del primo conflitto mondiale.
Poi nel parco delle Rimembranze, di fronte ai 17 tigli centenari che li ricordano tutti, a uno a uno, invitato dal primo cittadino ha cominciato a parlare. E si è percepito da subito che sarebbe stata una cerimonia di casa proiettata in una ottica mondiale: «Mentre prima ascoltavo l’inno d’Italia - ha esordito - il pensiero è andato a quando ero bambino e in questa occasione si sentiva l’inno del Piave per tutto il paese. La maestra ci preparava insegnandoci le poesie di Giuseppe Ungaretti. Certo, c’era molta retorica e non si riusciva a realizzare bene cosa fosse successo. La guerra - ha continuato il ministro - c’è ancora oggi con la sua potenza tecnologica e si consuma sullo stesso suolo dove molti dei nostri non sono più tornati. Un dramma concreto che si ripete, vissuto nella carne di chi ha combattuto e che ha inciso profondamente nei parenti, negli amici. Comunque su coloro che hanno lasciato qualcosa di sé su quella terra».
Giorgetti ha ascoltato attentamente le parole di Magni che ha ricordato ad uno ad uno i singoli caduti, la data e la causa della loro morte. Nomi noti ai cazzaghesi. Poi ha parlato “Ur Sin”, un soldato al fronte, ascoltato in grande silenzio, tra una esibizione della banda e l’altra: gli ha dato voce l’attrice Betty Colombo che ha letto alcuni stralci del suo epistolario, risalente alla prima guerra mondiale e raccolto in un libro dalla storica Rosella Orsenigo.
Stralci di vita quotidiana vissuta in paese - la manza che faceva un sacco di latte, i vitellini appena nati - comunicati dalla moglie al marito che trovava nella quotidianità del suo paese un motivo di conforto. E lui viceversa che scriveva del Natale passato lontano dal fronte, della sicurezza che provava nel non sentire più il fragore delle bombe, dell’ospitalità del padrone del terreno su cui con i commilitoni era attendato. Un discorso intimo tra moglie e marito in cui la parola “guerra” non esisteva: ci si confidava i problemi di ogni giorno, un modo per sopravvivere entrambi in attesa di un futuro migliore.
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