IL RICORDO
«Da voi i comfort, da noi solo gioia»
Ripubblichiamo l’intervista concessa nel 2019 a Prealpina dall’ambasciatore italiano nato a Saronno e ucciso oggi in Congo

Luca Attanasio, l’ambasciatore italiano ucciso questa mattina, lunedì 22 febbraio, in Congo, era nato a Saronno il 23 maggio 1977. Ecco l’intervista integrale che concesse a Prealpina nel settembre 2019 in occasione della prima uscita del mensile di informazione «Saronno è».
«Da voi i comfort, da noi solo gioia»
Undici chilometri quadrati: il nulla, se paragonato alla superficie della Terra. Ma da quegli undici chilometri quadrati tanti saronnesi sono partiti alla conquista del mondo, oppure lo girano tenendo alto il nome dell’Italia o lavorando per la crescita del nostro Paese e di quello che li ospita. Un esempio: in pochi sanno che l’ambasciatore italiano nella Repubblica democratica del Congo è un saronnese, Luca Attanasio, 42 anni.
Ecco cosa ci racconta di lui, del Paese dove vive e del suo lavoro e del legame con la città natìa.
Un saronnese ambasciatore d’Italia nel cuore dell’Africa: cosa le manca di Saronno a Kinshasa e cosa Kinshasa potrebbe insegnare a Saronno?
«Sono nato a Saronno, città che sento vicina anche se poi gli affetti ora sono tutti a Limbiate, dove sono cresciuto. Quello che si lascia nel proprio Paese sono i ricordi più belli e la nostaglia per non poter condividere con gli amici di un tempo e parenti le gioie che la vita regala. Viaggiando nel mondo, tutto si relativizza. Credo che chi visiti Kinshasa rientri in Italia apprezzando un po’ più i confort di casa propria. In questa megalopoli sul fiume Congo la maggior parte dei quasi 18 milioni di abitanti non ha né acqua corrente in casa, né elettricità, non esistono trasporti pubblici né strutture sanitarie adeguate a cui rivolgersi. Al contrario, tra le innumerevoli difficoltà qui si trova una gioia di vivere pervasiva che sa contagiare».
Tiene ancora i contatti con la sua città natale, ne conosce caratteristiche, ricchezze e problemi?
«Il rapporto con la mia città natale è un po’ come quello con un’ ex innamorata, con la quale si sono condivise delle pagine bellissime della tua vita, ma che in fondo al tuo cuore sai che ora appartiene ad altri. All’estero si vive di ricordi di quegli affetti che, anni addietro, avevano reso la tua città speciale. Ho molta nostalgia di casa, ma ció fa parte della vita dei diplomatici, che nel cuore portano il tricolore e i colori della propria città».
La Repubblica Democratica del Congo purtroppo finisce sui media italiani solo quando si acuisce l’emergenza Ebola. In una sua recente intervista con “Vatican News”, ha spiegato quale possa essere anche il suo devastante impatto sociale. Può riepilogarci cosa intendeva?
«Ebola è una malattia virale che conosciamo ancora poco e che fa paura, anche perché ha un’alta mortalità. Ma questa febbre emorragica ha conseguenze che vanno al di là delle vittime. Nel caso di questa nuova epidemia, essa investe un’area poverissima del Paese, già afflitta dalla presenza di decine di gruppi armati, dove il diffondersi di Ebola crea diffidenza e alimenta credenze popolari. In tale contesto, spesso i bambini, quando un genitore si ammala, vengono ritenuti responsabili dell’accaduto e stigmatizzati. Come ha recentemente dichiarato Unicef, a oggi sarebbero già oltre 1.380 i bambini che hanno perso almeno uno dei genitori e che, spesso, vengono allontanati dalla famiglia e condannati alla solitudine. E purtroppo si tratta di un fenomeno in aumento, poiché l’epidemia in questi giorni si é diffusa ad altre due Province limitrofe nel Nord Est del Paese».
Per quanto sia grave l’emergenza, identificare la Repubblica Democratica del Congo solo con Ebola è sicuramente riduttivo, oltre che offensivo per chi vive quella realtà. Ebola a parte, quali sono i veri problemi di quel Paese? Quali i punti di forza? E come sono i rapporti con l’Italia?
«Il Congo (ex Zaire) è un Paese enorme, grande otto volte l’Italia, e nel contempo affascinante, dove solo circa 130 anni fa si viveva nell’isolamento, seguendo tradizioni e riti tribali millenari che, nell’interno più remoto del Paese, ancora oggi sopravvivono. Non esiste un solo Congo, ma mille differenti realtà, composte da circa 300 tribù, che a maggioranza vivono ancora di raccolta dei prodotti della foresta. Un Paese ricchissimo di materie prime, al punto da essere definito uno “scandalo geologico” poiché possiede la seconda più grande riserva di rame al mondo, oltre l’80% di quelle di cobalto e coltan, un quarto delle riserve mondiali di oro, il 30% di quelle dei diamanti, senza dimenticare un potenziale idroelettrico senza uguali - valutato pari a 100.000 MW, ossia più di un terzo del potenziale dell’Africa- e con un settore agronomico non ancora sfruttato. In tutto questo l’Italia, che a cavallo degli anni ‘70-‘80 era arrivata ad essere il primo partner commerciale dello Zaire, oggi conta pochissimi scambi commerciali e una ancora limitata presenza imprenditoriale. Al contrario, vantiamo una capillare presenza di laici volontari e missionari che, nei più dispersi luoghi del Paese, rendono onore al nostro Paese realizzando opere di bene che lasciano il segno, oltre al ventennale impegno della nostra Cooperazione Italiana che offre assistenza umanitaria nel Nord Est del Paese, afflitto da terribili conflitti etnici per il controllo del territorio.
La sua carriera diplomatica si è sviluppata soprattutto in Africa: pensa che l’Italia dia e riceva abbastanza da questo continente o pensa che tutto sommato i nostri rapporti con i Paesi africani potrebbero essere reciprocamente più fruttuosi? Per i tanti che conoscono poco dell’argomento, quali nazioni hanno i maggiori rapporti economici/commerciali con l’Africa e in particolare con RDC?
«L’Africa ha compiuto straordinari passi in avanti sotto numerosi punti di vista, ad esempio nella crescita delle differenti economie nazionali. Tuttavia accanto ad un’Africa della crescita a due cifre, permane un’Africa caratterizzata da diffuse sacche di povertà ed emarginazione e dove trovano fertili radici i fenomeni della criminialità e del terrorismo. Una situazione che pone il continente africano al centro di fenomeni globali sempre più complessi e collegati, come quello migratorio. Occorrere guardare con priorità al rapporto con l’emisfero sud del Mediterraneo anche perchè si stima che la popolazione di circa 1,2 miliardi -di cui il 40% sotto i 30 anni- è prevista raddoppiare nei prossimi vent’anni, il che rende urgente l’esigenza di creare almeno fra i 10 e i 15 milioni di posti di lavoro all’anno. Uno scenario che non può che preoccupare, ma che offre nel contempo un’opportunità che attende di essere colta.
Dalla mia esperienza posso infatti confermare che ovunque nel continente africano vi è una fortissima “domanda di Italia” e sono profondamento convinto che il potenziale del rafforzamento dei rapporti economoco-commerciali con l’Africa sia ancora molto ampio, anche alla luce della crescente domanda di investimenti, beni e servizi che proverrà dalle giovani generazioni africane».
Come e dove immagina il suo futuro? Che emozioni le regala un incarico importante come il suo? Quanto il suo lavoro l’ha arricchita come persona?
«Da quattro anni il mio futuro é un unicumcon quello di mia moglie, che coraggiosamente mi ha seguito in Nigeria e qui in Congo, e con quello delle nostre bimbe. Tutti noi abbiamo la fortuna immensa di poter scoprire, ogni quattro anni, le bellezze di un nuovo Paese. Non possiamo chiedere o immaginare di più, salvo sperare di essere tutti noi capaci di trovare il giusto equilibrio famigliare in qualsiasi nuova futura assegnazione.
Servire lo Stato italiano all’estero in qualità di ambasciatore, e per mia moglie di ambasciatrice, è un immenso onore che suscita, quale primo sentimento, quello della riconoscenza verso il Paese e l’amministrazione che ci hanno accordato questo privilegio. La carriera diplomatica offre l’opportunità unica di incontrare i protagonisti dell’arte, della cultura, della politica, dell’economia in un coloratissimo ventaglio di Paesi diversi, dove ogni giorno si impara qualcosa di nuovo. È questo il primo bagaglio di crescita personale che, credo, poche altre professioni al mondo sappiano offrire».
Marco Raimondi
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