UCCISO IN CASA
Delitto di Cairate: la pista dei soldi
L’omicidio di Andrea Bossi: un mese di indagini e di colpi di scena, in attesa della svolta

È trascorso quasi un mese (era dalla notte tra il 26 e 27 gennaio) da quando Andrea Bossi è stato ucciso nel suo appartamento di via Mascheroni a Cairate.
Restano senza risposta i due interrogativi principali: chi l’ha ammazzato e perché? Anche se su quest’ultimo aspetto pare abbastanza plausibile che il ventiseienne sia stato ammazzato per una questione economica. Era sabato 27 gennaio quando, verso le 13, papà Tino Bossi aprendo la porta di casa del giovane lo trovò morto in una pozza di sangue.
LE INDAGINI
A tutt’oggi sono in corso le indagini degli inquirenti e non trapela una parola rispetto alle tessere che si stanno incasellando per risolvere il giallo, partendo dalla vita del ragazzo che aveva studiato per fare l’orafo ma che faceva l’impiegato a Fagnano Olona. Indagini coordinate dal pubblico ministero Francesca Parola e che vedono impegnati i carabinieri di Fagnano, del Nucleo investigativo di Varese che hanno richiesto il supporto del Ris di Parma, oltre ad analisi dettagliate dei telefoni cellulari, passando al setaccio i social network e chat per incrociare ogni elemento.
L’IPOTESI ECONOMICA
Tanto che nessuna pista è mai stata esclusa dagli investigatori ma l’ipotesi che all’origine dell’omicidio ci siano i soldi pare essere la più plausibile. Quindi prende sempre più corpo l’idea che il giovane sia stato ucciso nell’ambito di una frequentazione (sentimentale nata sui social e tenuta nascosta a tutti gli amici?) finita male per motivi di denaro. Fin dai primi istanti è parso chiaro che la vittima conoscesse il suo assassino perché lo aveva fatto entrare nella sua abitazione quel venerdì sera.
Aveva deciso di non uscire - così aveva detto agli amici e alle amiche - perché aveva mal di testa. Tanto che è stato ritrovato in abbigliamento casalingo: una tshirt, la tuta e le ciabatte; portava alcuni gioielli - anelli, catena, braccialetti e orecchini - che sono stati sottratti dall’assassino.
IL PROFILO DEL KILLER
Questo quadro di partenza ha instradato gli inquirenti sul profilo del killer: un uomo, giovane, che abbia avuto la forza necessaria a colpirlo e ucciderlo con un unico colpo alla giugulare. Andrea non si sarebbe potuto difendere perché probabilmente si fidava della persona che aveva accolto in casa e, neppure si era accorto che avesse in mano un coltello. O forse era distratto da qualcos’altro ed è stato colto di sorpresa dall’assassino, tanto da non essersi difeso.
Secondo la ricostruzione, prima di essere colpito con un solo fendente alla giugulare, Andrea Bossi e il suo assassino avevano litigato. Diverbio che li aveva portati ad alzare la voce per poi sedarsi. Che il killer avesse avanzato una pretesa di denaro magari eccessiva e immotivata? Un ricatto? Andrea non aveva scheletri negli armadi, era un ragazzo privo di vizi e non aveva nulla da temere per questo mai avrebbe immaginato che qualcuno gli potesse fare del male. Certo che se gli inquirenti trovassero l’arma del delitto, quel coltello usato per sferrare l’unico colpo, potrebbero aggiungersi dettagli significativi all’indagine.
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