TELEVISIONE
Donatella Valmaggia e la sua “Onda libera”: «Benigni era già un genio»
L’attrice di Gavirate ricorda la trasmissione, riproposta stasera da Rai 5, in cui apparve con il comico toscano tra il 1976 e ‘77

«Mi piaceva parlarne come di un programma di rottura, definizione che andava bene a chi lo apprezzava come a chi lo detestava». Così Donatella Valmaggia a proposito di Onda libera, la trasmissione, andata in onda su Rai 2 tra la fine del 1976 e l’inizio del 1977, che Rai 5 ripropone questa sera alle 21,15. Ideata da Roberto Benigni con Giuseppe Bertolucci, Beppe Recchia e Umberto Simonetta, impose all’attenzione generale il comico toscano. Accanto al mattatore e a Livia Cerini, di Castellanza, c’era la giovanissima gaviratese.
Si rivedrà?
«Certamente, come ho fatto per le prime due puntate, in tutto sono quattro, trasmesse sabato scorso. Avevo visto Onda libera, che inizialmente era intitolato TeleVacca, solo quando era andato in onda per la prima volta. A distanza di anni, ho provato tanta tenerezza. E una punta di orgoglio per avere preso parte a un programma così in anticipo sui tempi scoprendo inoltre di avere avuto qualche battuta in più di quanto ricordassi».
Del resto Benigni ogni tanto doveva rifiatare. Avrebbe mai immaginato che un giorno potesse vincere l’Oscar?
«Che fosse un genio era evidente ma la sua comicità sembrava così rivoluzionaria da spingermi a pensare che difficilmente sarebbe stata apprezzata da tanta gente. Un suo monologo con qualche parolaccia di troppo fece finire tutti noi di Telealtomilanese nel libro nero del pretore di Busto Arsizio. Sono felice che Benigni abbia ottenuto il successo che meritava».
Eravate consapevoli della forza d’urto del programma?
«Quando gli autori si riunivano per preparare la scaletta, ridevano come matti. Da parte mia, ero beata perché, da innamorata della natura e con il sogno di aprire un’azienda agricola, non mi sembrava vero di fare tv da una stalla con tanto di mucche in giro. Per esigenze di copione, mi hanno persino insegnato a mungere. Fantastico».
Benigni e Bertolucci la vollero poi per il film Berlinguer ti voglio bene.
«Sì, e ringrazio ancora ma era giusto una particina, l’unica mia presenza al cinema. Dopo poco avrei lasciato, non volevo una vita da schermo ma normale. In tv mi aveva portata mio cugino, Beppe Recchia, regista e autore. Ero una ragazzina, i miei dissero: “Perché no?”, affrontai il nuovo mondo con naturalezza».
Valletta a Telealtomilanese e ad Antennatre. Al Pomofiore era con Lucio Flauto, parlava più di Benigni?
«Un fiume in piena. Ho lavorato anche con Enzo Tortora, Raffaele Pisu, Renzo Palmer e Marisa Del Frate, in comune avevano professionalità e gentilezza. E, su tutti, Renzo Villa, ne ricordo l’espressione mentre si registrava, carica di entusiasmo ma anche di senso di responsabilità. Comprensibile perché quelle televisioni le aveva create lui».
È vero che era anche a Drive In?
«Sì, ma per la produzione, senza apparire. Altro programma innovativo di Recchia. Esperienza divertente anche se ogni giorno venivo presa bonariamente in giro da Giorgio Faletti. Me l’ero cercata perché il primo giorno l’avevo scambiato per uno degli addetti alla sicurezza. Non lo conoscevo e lui era vestito da guardia giurata Vito Catozzo».
Nel suo curriculum figura il Rosetum di Besozzo. A scuola dalle suore come Lilli Carati e Daniela Poggi?
«Ho conosciuto entrambe, Daniela solo di vista, Lilli bene, eravamo compagne di classe e amiche. Di una simpatia unica, dote che la teneva parzialmente al riparo dalla nostra invidia. Non solo era bellissima, la più bella di tutte, ma era l’unica senza acne. Mia madre diceva che aveva pelle di porcellana e occhi favolosi».
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