IL PROCESSO
«Era mamma a picchiare papà»
In aula a Varese la testimonianza delle figlie dell’uomo accusato di maltrattamenti

«Non ho mai visto papà percuotere la mamma. Semmai ho visto il contrario». Nel processo all’uomo di 60 anni - amministratore in un Comune della provincia - accusato di maltrattamenti in famiglia, ai danni della ex moglie e del figlio maschio, minorenne, ieri, giovedì 26 settembre, hanno testimoniato le altre due figlie della coppia, di 20 e 23 anni. Le ragazze hanno difeso il padre, con cui vivono dopo l’esplosione del caso e il trasferimento della madre e del fratello in un’altra abitazione.
«Fu lei a chiedere di essere allontanata», ha spiegato il carabiniere che ha svolto le indagini dopo la denuncia della donna che, nel 2021, entrò con il bambino in una casa rifugio. Maltrattamenti che sarebbero proseguiti per 17 anni. «Mio marito era ossessionato dalle mie precedenti relazioni: me le rinfacciava, mi insultava. Mi prendeva a calci durante i rapporti sessuali», aveva raccontato la donna nella prima udienza in Tribunale. Quando aveva riferito anche degli insulti e delle botte al figlio, definito «frocio» e «finocchio», picchiato con calci, pugni, persino una cintura e un bastone. «Non ho mai sentito quegli insulti a casa nostra», ha affermato una delle ragazze, in una deposizione spesso interrotta dalle lacrime. «Mio fratello era vivace, esuberante - ha detto l’altra - A volte papà lo riprendeva quando esagerava e magari, dopo mezz’ora di richiami, lo percuoteva. Ma al massimo gli diceva “non fare lo stupido”». Non si trattava comunque di «insulti gratuiti, bensì a scopo educativo. Comunque non ho mai visto lividi su mio fratello, né su mia madre».
E i rapporti tra i genitori? «Avevano litigi occasionali, ma come accade in tutte le famiglie. Era lei ad aggredire verbalmente lui. Era scorbutica, nevrotica, rispondeva male. Papà cercava di calmarla, di fermarla quando provava a dargli pugni».
Il motivo delle liti? «Sciocchezze, magari per il pranzo o la cena, o perché mamma non rispondeva alle domande. Ma mai per motivi “pesanti”. Aggressioni fisiche? Mai viste».
Litigate al termine delle quali la donna, «per sbollire», se ne andava via da qualche amica. «Papà mi spiegava “È arrabbiata, deve calmarsi”». Poi «lo shock» dell’abbandono, dopo il quale mamma e figlie non si sono più confrontate: «Con lei i rapporti sono quasi nulli. Non c’è stato grande sforzo da parte sua verso di noi. Abbiamo provato a parlarle, ma lei ha sempre detto di no. Non era più lei dopo l’operazione». ha dichiarato una figlia riferendosi all’intervento di neurochirurgia a cui la madre era stata sottoposta.
Le condizioni di salute della donna sono anche al centro delle consulenze degli psichiatri che, nella causa civile di separazione, devono valutarne la capacità genitoriale. Consulenze che sembrano arrivare a conclusioni opposte.
Così come opposti appaiono i racconti della persona offesa (parte civile con l’avvocato Riccardo Rolando Riccardi) e dell’imputato che, difeso da Marco Bianchi, sostiene che molti episodi contestati sarebbero inventati, altri ingigantiti. Finora non ha fatto dichiarazioni spontanee, ma nella prossima udienza (il 10 ottobre) racconterà la propria versione dei fatti.
Ieri è stata ascoltata anche una maestra del bambino: «Aveva problemi di comportamento, faceva disegni allarmanti, con figure umane senza testa, piene di sangue». Ai carabinieri riferì che il piccolo «si sminuiva, dicendo “sono cattivo e non valgo niente”, frasi che gli diceva il papà». E sempre a casa - ha commentato l’insegnante - il bambino aveva probabilmente sentito altri concetti che poi avrebbe ripetuto in aula, come “Tu sei una donna, non puoi comandare”, rivolta alla maestra, oppure “I negri puzzano, dovete andare al vostro Paese”, indirizzata a una compagna di classe di colore».
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