L’INTERVISTA
«Eva dimenticata dalla sua Chiesa»
Il suicidio della giovane e le accuse a un’ex suora scossero il rione di Sant’Edoardo. I genitori: «La Parrocchia ci guarda con fastidio»

«Io e mia moglie ce ne accorgiamo, quando giriamo per il quartiere, di essere additati. Sapete cosa dicono? Che siamo dei piantagrane, dei pazzi, gente che butta fango sulla parrocchia».
Roberto Sacconago è il papà di Eva, la ragazza che si suicidò nel 2011 e la cui morte è al centro di un processo per abusi e stalking nei confronti di una (oggi ex) suora che operava a Sant’Edoardo.
Rispetto al clima che li circonda, lui ha un’altra verità da urlare.
«Noi siamo in realtà quelli che hanno perso una figlia, che combattono per la verità e che, in questa battaglia, sono stati lasciati soli dal mondo che la nostra piccola ha servito da volontaria in ogni modo, senza risparmiarsi».
Quel mondo è proprio la parrocchia in cui la ragazza è cresciuta, dove ha prestato servizio, dove ha trovato gioie e anche sofferenze.
Papà Roberto non ha dubbi.
«DIAMO FASTIDIO ALLA CHIESA»
«Sette anni dopo, lo posso dire senza paura. Proprio la Chiesa, i religiosi, le persone che ruotano attorno alle sue attività, sono le prime che in larga maggioranza oggi ci scansano. Vorrebbero che la smettessimo, vorrebbero che il ricordo di Eva sfumasse, perché al di là di quello che sarà il verdetto processuale, la sua storia obbliga a una riflessione, avrebbe anzi obbligato a un intervento chiaro a quei tempi. Dà fastidio, lo so, ma quelli che sono rimasti senza la figlia siamo noi. La nostra è una condanna definitiva».
Sabato 7 aprile marito e moglie stavano guardando la televisione, seguendo lo sviluppo della sentenza sul caso di Dj Fabo a Un giorno in Pretura, trasmissione che da sabato racconterà proprio la controversa vicenda bustese.
«Il programma era finito, quando è partito il video che svelava la nostra storia come la prossima protagonista. Il promo è iniziato con un filmato che non avevamo mai visto, in cui Eva suona la chitarra e canta una canzone. Non sto a dirvi cosa abbiamo provato. Ma chiedo: siamo pazzi? Siamo piantagrane? Siamo quelli che continuano a turbare la normale attività della Parrocchia di Sant’Edoardo con le nostre storie?».
Intanto la coppia è in attesa che si celebri il processo d’appello all’ex suora.
VERITÁ IN APPELLO
«Un’altra odissea infinita», riprende Roberto Sacconago.
«Sono passati circa due anni e mezzo dal primo verdetto a Busto, speravamo si potesse fare prima. Purtroppo i tempi della giustizia sono questi e aspetteremo. Oltretutto mi sembra scontato che prima di chiudere il capitolo dentro le aule di giustizia bisognerà poi passare dalla Cassazione, a cui si rivolgerà chi non troverà soddisfazione a Milano, tenendo in ballo una famiglia già provata ancora molto a lungo. Tuttavia ne siamo consapevoli: è il nostro calvario».
Semmai quello che non si aspettavano i coniugi Sacconago era di ritrovarsi quasi isolati.
«Di persone vicine ne abbiamo tante, ci mancherebbe, ma sono pochissime quelle che provengono dall’universo in cui Eva faceva volontariato. L’ultima volta che siamo stati in oratorio per mettere un fiocco giallo sull’ulivo che la dovrebbe ricordare, nel giorno del suo compleanno, qualcuno ci ha fatto capire che non eravamo graditi».
E a loro torna impossibile non puntare il dito contro il clero.
«Questa tragica esperienza ci ha fatto capire che chi veste l’abito della Chiesa, solo nel 10/15 per cento dei casi è animato da vera vocazione, cioè pronto ad affrontare le situazioni, a portare avanti la fede con fermezza e onestà. Qualcuno che ha capito cosa c’è dentro il nostro animo l’abbiamo incontrato anche lì, questo è sicuro. Ma la maggior parte ci ha scansati ed evitati. Non parlo di cattiveria, parlo semmai del desiderio di non dover affrontare certi problemi, di non fare i conti con gli abusi che avvengono in quel mondo, di preferire che la storia di nostra figlia non crei più imbarazzi, non intacchi l’immagine».
“LA MIA VOCE OVUNQUE”
Il loro rifugio è diventato la onlus La Mia Voce Ovunque, creata e diretta dall’amica di sempre Monica Guanzini, «anche lei per molti un’appestata».
Il gruppo si occupa di ragazzi difficili, per dar loro prospettive diverse di riscatto.
Venerdì 6 aprile c’è stato l’annuale spettacolo di danza e poesia preparato proprio dai giovani.
«È stato bellissimo, abbiamo fatto il pienone al teatro Manzoni, ovviamente dei vecchi amici di Eva non c’era quasi nessuno. Preferiscono spiare su Facebook se scriviamo qualcosa».
Oggi è questa la cosa che fa più male, come spiega mamma Giovanna con le lacrime agli occhi.
«Finché sarò al mondo, non riuscirò mai a capire come possa comportarsi in questo modo chi ha potuto vedere quanto Eva ha fatto per la parrocchia. È stata la sua seconda casa, la sua ragione di vita».
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