TELEVISIONE
Figli del Destino, storia di 4 bambini ebrei

A Napoli, Tullio Foa e sua madre vengono aiutati da un Commissario di Polizia. A Roma, Lia Levi e sua madre vengono ospitate in un convento; uno dei tanti istituti religiosi che durante la guerra diedero rifugio agli ebrei. A Pisa, il piccolo Guido Cava, nascosto in campagna insieme al padre e colpito dalla polmonite, viene salvato da un medico fascista che, pur sapendo la famiglia ebrea, rischia la propria vita per curarlo. A Milano per Liliana Segre il destino è più crudele. Lei e suo padre, arrestati mentre cercano di fuggire in Svizzera, vengono deportati. Separata dal genitore, Liliana riesce a sopravvivere da sola nel campo di concentramento di Auschwitz e alla “marcia della morte. ” Figli del Destino è la docu-fiction in onda su Rai1 mercoledì 23 gennaio che ricostruisce le storie di quattro bambini italiani ebrei vittime dell’orrore e della vergogna delle leggi razziali. Un racconto della memoria, intrecciato con le emozionanti interviste dei quattro protagonisti oggi, con la regia di Francesco Miccichè e Marco Spagnoli. La voce narrante che intreccia le storie è di Neri Marcorè. Le immagini storiche sono fornite dal CDEC (Fondazione Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea), dall’Istituto Luce - Cinecittà, da Rai Teche e dal United States Holocaust Memorial Museum. Un soggetto dello stesso Spagnoli che ha scritto la sceneggiatura insieme a Luca Rossi. Con Massimo Poggio, Patrizio Rispo, Chiara Bono, Giulia Roberto. Catello Alfonso Di Vuolo, Lorenzo Ciamei e con Massimiliano Gallo e con la partecipazione di Valentina Lodovini.
In un video messaggio la senatrice Liliana Segre ha evidenziato: «prima di vedere la docufiction pensavo che mi sarei turbata e molto di più di quanto mi aspettassi, invece dovevo arrivare alla mia veneranda età per capire che il lato importante è la gioia dei tre ragazzi salvati da belle persone, anche se io ho avuto un destino diverso da loro». Tullio Foà ricorda come a Napoli, aveva 5 anni, grazie al preside, che lo fa ammettere in una classe speciale (formata da 10 alunni ebrei), dichiarando che ne aveva 6 anni, continua a frequentare la scuola. «Andavo a scuola coi miei fratelli più grandi, qualcosa non mi tornava. Tutti i bimbi entravano dal cancello principale solo noi da quello secondario, un quarto d’ora prima degli altri. A quel punto era chiaro che gli anormali eravamo noi». «È importante continuare a portare la nostra testimonianza ancora oggi - aggiunge Foà - nelle scuole a distanza di tanti anni. Una delle domande che mi fanno nelle scuole è se mi sono mai voluto vendicare. Io rispondo che la vendetta non mi appartiene. Quello che occorre ricordare è che le leggi razziali non erano leggi all’acqua di rose, ma precise e decise. Lo scopo era dividere le famiglie».
© Riproduzione Riservata