RETROSCENA
Funivia, lite tra magistrati
Ecco dove comincia il contrasto tra il procuratore capo e il gip: il fulcro è la posizione di Tadini. Inchiesta: nuovi sopralluoghi e l’analisi delle chat
Una lite molto accesa tra il procuratore capo, Olimpia Bossi, e il gip, Donatella Banci Buonamici, sabato scorso davanti agli avvocati e ai fermati, nell’aula per gli interrogatori del carcere di Pallanza.
È il retroscena che emerge dopo la decisione del gip che ha sconfessato le indagini della procura e sancito una rottura interna al palazzo di giustizia verbanese. La lite sarebbe nata per alcune formalità legate ai capi di imputazione e ha creato un clima che non faceva presagire nulla di buono per la procura, circa l’esito della convalida.
La sera, gli investigatori, erano molto pessimisti e si aspettavano in qualche modo la non convalida del fermo. Cui ha fatto seguito la remissione in libertà di Gigi Nerini ed Enrico Perocchio e i domiciliari per Gabriele Tadini.
I due magistrati
Già colleghe a Busto Arsizio per diversi anni, e per tutti preparatissime e molto determinate, ora sono più lontane che mai. Da una parte, Olimpia Bossi, che è apparsa in tv commossa sul luogo della tragedia e che, dopo 48 ore, ha firmato tre fermi, ricevendo il plauso dell’opinione pubblica. Dall’altra, il giudice Donatella Banci Buonamici, già gup a Milano, dove tra gli altri affrontò il caso delle prime “foreign fighters” italiane dell’Isis. Da sabato notte è al centro della bufera e ha ricevuto anche minacce e attacchi sui social. E negli ambienti giudiziari verbanesi c’è ormai la scissione tra chi prende le parti dell’una o dell’altra, tacciando la posizione opposta di eccessivo garantismo o di giustizialismo.
Le due posizioni: Tadini ha agito da solo?
Il nocciolo è nella testimonianza di Gabriele Tadini. Ha mentito quando ha affermato che Nerini e Perocchio sapevano dei forchettoni? La procuratrice è convinta di no. Scriveva nel decreto di fermo che i tre avrebbero bloccato i freni di emergenza “per ragione di carattere economico e in assoluto spregio delle più basilari regole di sicurezza”.
Secondo il gip, invece, Tadini mente. Avrebbe chiamato in correità gli altri due per “condividere questo immane peso, anche economico”, in vista del risarcimento danni. La procura starebbe già preparando l’appello contro l’ordinanza del gip. Banci ieri, raggiunta all’uscita del tribunale, ha dichiarato: «Il pm fa il suo lavoro bene e io faccio il mio lavoro credo altrettanto onestamente, dovreste ringraziare che il sistema è così. L’Italia è un paese democratico».
Il punto sulle indagini
Si continua a lavorare senza sosta per scoprire la causa della rottura della fune trainante. Secondo quanto riferito dai manutentori di una ditta appaltante per la Leitner, ascoltati come testi, la fune si sarebbe staccata dalla testa fusa, che è la parte attaccata alla vettura. Il sistema di sicurezza avrebbe avvertito le variazioni della testa fusa, facendo azionare i freni. Gli indagati, invece, spiegano che il blocco dei freni sarebbe stato un problema di non grave entità e che non sarebbe stata in alcun modo prevedibile la rottura della fune.
Il sopralluogo e le chat
Ieri nuovo sopralluogo del perito Giorgio Chiandussi al Mottarone. La prossima settimana sarà probabilmente organizzata la rimozione della cabina. Sono saliti in vetta anche i tecnici della commissione del ministro dei Trasporti, Enrico Giannini.
Intanto, però, i carabinieri stanno esaminando chat, email e messaggi tra gli indagati. Si cerca la prova di una comunicazione tra i tre della decisione di non rimuovere i forchettoni anche con i passeggeri a bordo per evitare i blocchi dell’impianto.
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