CASA DI FRANCESCO
La povertà avanza, ecco l’identikit
Uomo italiano, più di cinquant’anni, senza lavoro, problematico

L’ospite tipo è italiano, con età compresa tra 50 e 64 anni, ha perso il lavoro e ha problemi di vario tipo: tossicodipendenza, alcolismo e natura psichiatrica.
Benvenuti alla Casa di Francesco, luogo di accoglienza notturna e di servizi diurni per chi non ha né un tetto sulla testa, né (nella stragrande maggioranza dei casi) una famiglia. Il girone dei dannati, verrebbe da pensare. Ma non è così.
SIMPATIA E ANTIPATIA
Inaugurata il 23 gennaio del 2016, è gestita dalla cooperativa Intrecci di Rho che fa riferimento alla Caritas ambrosiana. Un fiore all’occhiello per la giunta di centrosinistra dell’ex sindaco Edoardo Guenzani e per l’assessore di allora ai Servizi sociali Margherita Silvestrini, una risorsa anche per l’attuale amministrazione di centrodestra del leghista Andrea Cassani anche se circolano strane voci di antipatia verso la Casa di Francesco e verso la Mensa del Buon Samaritano che, a detta dei più intransigenti, attirerebbero clochard e sbandati in centro. «Sì, abbiamo sentito anche noi queste cose – afferma Gianenrico Bonetti, responsabile dei servizi diurni - ma sono leggende metropolitane». «Qui non ci sono mai stati né bivacchi, né assembramenti e la collaborazione con i Comuni è totale», aggiunge Dario Giacobazzi, coordinatore della cooperativa Intrecci. Ma le malelingue sono difficili da sbugiardare.
NON SOLO UN DORMITORIO
La verità è che un centro del genere è davvero indispensabile in questo momento di grande emergenza sociale. Lo testimoniano le cifre con 62 persone accolte nel 2018 di cui 38 italiani, 7 europei, 3 americani, 9 africani e 5 asiatici. La fascia di età più gettonata è tra 41 e 64 anni. È lì che si annida il bisogno. La Casa di Francesco offre accoglienza notturna a 24 persone. Le stanze sono da due, da tre o da quattro posti. Gli ambienti sono ampi e puliti. Ci sono i bagni per ogni camera, la sala Tv, quella dove poter consumare la colazione e una cena da scaldare. Al massimo si può stare un anno in questa struttura, «ma c’è anche chi è rimasto di più». D’inverno i posti sono tutti occupati, d’estate potrebbe esserci qualche disponibilità ma le richieste non si fermano mai. «Abbiamo costruito una rete con i Comuni limitrofi e con le associazioni. Ci vengono segnalati i casi e, a seconda delle disponibilità, li prendiamo in carico. Meglio se viene seguito un percorso di riscatto sociale. Cerchiamo di non essere solo un dormitorio ma un’occasione per fare passi avanti».
REGOLE SEMPLICISSIME
L’educatore della struttura è Marcello Clemente che arriva alla sera quando inizia l’accoglienza (ore 18). Di notte c’è il custode Larbi, un marocchino, contento di quel che fa. «Le persone che vengono da noi – descrive l’identikit Giacobazzi – spesso hanno rotto tutti i loro contatti con familiari e amici. Ma ognuno ha il suo percorso, non c’è uno standard». Non sempre l’obiettivo viene raggiunto. Ci sono storie di riscatto partite dalla Casa di Francesco ma anche storie tristi, di persone che muoiono poco dopo essersene andate da lì. Anche di recente. Le regole che stanno alla base della convivenza sono «semplicissime»: non si può fumare, né bere, non si possono tenere animali e, naturalmente, deve esserci sempre il rispetto tra le persone.
PARRUCCHIERE E INFERMIERE
Oltre all’accoglienza notturna, ci sono i servizi diurni alla persona. I ventidue volontari coordinati da Bonetti assicurano docce, lavaggio dei vestiti e parrucchiere tre volte la settimana. È un lavoro prezioso, quello svolto dal gruppi di aiuto. Dal 2016 ad oggi è stato utile a 450 persone. Anche in questo caso sono italiani gli utenti più numerosi. Apprezzabili anche le altre attività che si svolgono alla Casa di Francesco. L’ambulatorio gestito dalla Croce Rossa (pressione arteriosa, iniezioni, medicazioni) funziona dal lunedì al venerdì dalle 17 alle 18, mentre il drop in per la riduzione del danno è gestito dalla cooperativa Lotta contro l’Emarginazione con sportello accoglienza, spazio sollievo e distribuzione di materiale sanitario.
IL CONTAGIO DEL BENE
È un universo multiforme quello che si apre appena varcato il cancello di via Galileo Ferraris 2. Ma nulla potrebbe esistere se non venisse messo in pratica tutti i giorni il messaggio lanciato dall’arcivescovo Mario Delpini in occasione della cerimonia per il Panettone d’Oro 2019 di Milano, premio alla virtù civica: «Il contagio del bene trasfigura la vita quotidiana». Gianenrico Bonetti ci tiene a riprendere i concetti espressi dal capo della Chiesa milanese per far capire che «siamo tutti alleati nella solidarietà e nella collaborazione per costruire il futuro di questa città». La strada è difficile ma non per questo bisogna arrendersi.
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