IL PROCESSO
Gallarate: finto investito ed estorsione
Condannato anche in appello il marocchino che simulò l’incidente: 4 anni
Quattro anni di reclusione al termine di un giudizio con rito abbreviato. E meno male che l’imputato, un venticinquenne marocchino residente a Omegna, evidentemente ben consigliato dal proprio legale, ha pensato bene di risarcire alla parte offesa i 400 euro estorti da lui e dai suoi compagni di sventura dopo che uno di loro aveva finto di essere stato investito. Altrimenti, il gup del Tribunale di Busto Arsizio Veronica Giacoia avrebbe optato per una punizione ben più severa.
La sentenza di primo grado è stata confermata dai giudici della terza Corte d’Appello di Milano che, anche alla luce della già corposa biografia criminale del giovane pregiudicato, tuttora in carcere per questa causa, non hanno nemmeno preso in considerazione la possibilità di concedergli la sospensione condizionale della pena. Anche perché, per dirla con chi l’ha giudicato, l’imputato fu protagonista di «un’azione frutto di una dettagliata e minuziosa preordinazione».
Un’azione per la quale gli altri due co-imputati, un italiano e un tunisino di ventiquattro anni residenti rispettivamente tra Verbania e Omegna, hanno scelto un’altra strada processuale, di essere cioè giudicati in ordinario.
Tornando al pomeriggio del 14 gennaio di un anno fa, un gallaratese, oggi quarantunenne, alla guida di una Mini, stava percorrendo via Venegoni quando, all’altezza della pasticceria Pagani, rallentò per far attraversare sulle strisce pedonali tre passanti, tutti giovani. Il primo, l’odierno imputato, attraversò, seguito a ruota dal secondo che, però, una volta giunto a metà della carreggiata, si fermò improvvisamente e incominciò a inveire contro l’automobilista.
Non è finita: si buttò sul cofano, lasciandosi poi cadere sull’asfalto in modo da simulare di essere stato investito in pieno. Il terzo passante? Assistette alla scena. Ma poi intervenne a dare manforte agli altri due soci quando si trattò di prendere a maleparole il gallaratese sostenendo che avesse volontariamente investito uno di loro. Facile immaginare il clima teso e concitato di quei momenti.
L’automobilista accostò, letteralmente terrorizzato. Anche perché uno dei giovani passanti fece capire di avere in tasca un coltello. E l’altro andò giù pesante con le minacce: «Io ti ammazzo», «conosco tuo padre, ti vengo a prendere a casa e poi ti ammazzo» gli urlava.
Il terzo rincarò la dose intimando all’automobilista di tirare fuori sull’unghia 500 euro in contanti per evitare di coinvolgere l’assicurazione e consentire di pagare le spese sanitarie del sedicente ferito.
La vittima era perfettamente consapevole di subire un’estorsione, ma la paura fu più forte delle proprie ragioni e così estrasse dal portafogli 300 euro. Avrebbe voluto andarsene, ma la combriccola di estorsori gli impedì di ripartire. Se non avesse dato altri 100 euro da lì non si sarebbe mosso.
Un incubo. Raccontato l’indomani ai carabinieri della stazione di Gallarate. Da lì il via alle indagini che, sei mesi più tardi, hanno consentito di arrestare i componenti della banda.
La videosorveglianza aveva immortalato la scena, soprattutto ha consentito di identificare l’unico italiano del terzetto, già noto alle forze dell’ordine. Tramite lui si è arrivati anche agli altri.
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