IN CARCERE
Delitto in via Ristori, è morto l’assassino
L’uomo stava scontando 20 anni per l’omicidio della moglie

Da oltre un anno era stato trasferito dal carcere di Busto Arsizio a quello di Opera, struttura attrezzata per i detenuti malati. Nei giorni scorsi Gjin Preducaj, carpentiere quarantottenne, è stato vinto dalla morte, quello spettro angosciante che lui stesso aveva evocato la notte in cui ammazzò la moglie, Marjana Grishaj. La uccise tra l’8 e il 9 dicembre del 2015 con un’unica coltellata alla gola. Ed era alla gola che la patologia di cui soffriva lo aveva aggredito. La notizia è trapelata ieri, la famiglia dell’albanese ha voluto mantenerla il più possibile riservata anche perché ci sono due minorenni da tutelare, i figli della coppia.
Preducaj, che era difeso dall’avvocato Alberto Talamone, venne condannato a vent’anni in via definitiva nel 2018. La corte d’assise d’appello di Milano confermò la sentenza del gup Giuseppe Limongelli e l’operaio rinunciò al ricorso in cassazione perché non era la libertà ciò a cui anelava. Il quarantottenne avrebbe solo voluto una macchina del tempo per ritornare all’istante in cui si avventò su Marjana e buttare a terra il coltello da cucina. Un palese e conclamato movente per l’omicidio non emerse mai. Non c’erano apparenti tensioni tra loro, anzi, pochi giorni prima la donna confidò felice il sospetto di aspettare un bimbo, il terzo. Eppure il carpentiere era martellato dalla gelosia. Una gelosia del tutto immotivata. Quella serata nell’appartamento di via Ristori scivolò via in assoluta serenità. La cena, una partita a carte con i loro due figli che giocavano davanti alla televisione. Marjana aveva sonno: «Sono stanca, vado a letto», disse andando a coricarsi con il bimbo di appena tre anni, che si infilò sotto le coperte con la mamma. Passarono un paio d’ore, Gijn era rimasto in sala a guardare la televisione e bicchiere dopo bicchiere, facendo zapping tra i canali, si scolò una bottiglia di grappa. Gli venne un tarlo: possibile che la moglie avesse un amante e che fosse incinta di un altro uomo? Prese un coltello e si diresse verso la camera matrimoniale. Si reclinò su Marjana e la sgozzò con un taglio netto alla giugulare. Fu la bimba di appena undici anni a disarmare il papà. Risvegliata dal grido soffocato di Marjana corse nella stanza e vide un fiume di sangue scorrere dalla gola della madre. Si precipitò in bagno, prese della carta e cercò di tamponare l’emorragia. Marjana spirò sotto i suoi occhi. Il fratellino scese dal letto frastornato, con il pigiamino insudiciato da chiazze rosse. La piccola cercò di cambiarlo e pulirlo. Poi tolse il coltello «comprato all’Esselunga» dalle mani del padre e lo ripose sotto il cuscino del divano, mentre Gjin cercava di rassicurarla dicendole «vai in camera, la mamma sta bene, è tutto a posto». Al termine della requisitoria, in primo grado, il pubblico ministero Nadia Calcaterra chiese trent’anni. Il gup ne dette venti ma con risarcimenti per un totale di 685 mila euro ai parenti di Marjana, variamente suddivisi, e di 586 mila euro al Comune di Gallarate in qualità di affidatario dei figli minori, più il rimborso delle spese delle parti civili, rappresentate dagli avvocati Barbara Chiaravalli e Tiberio Massironi. Il giudice stabilì inoltre l’interdizione di Preducaj della potestà genitoriale per tutta la durata della pena. Ma non ha potuto espiarla fino in fondo.
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