L’INDAGINE
Molestie a Gallarate, si difende il tecnico di radiologia
Denunciato da una paziente a giugno. Il legale dell’indagato: «Accusa infondata»

«Daremo battaglia a processo», annuncia l’avvocato Alberto Zanzi, difensore del tecnico di radiologia del Sant’Antonio Abate denunciato da una trentenne moldava per violenza sessuale. Nei giorni scorsi il pubblico ministero Carlo Alberto Lafiandra ha notificato al tecnico la chiusura delle indagini, entro venti giorni il legale depositerà una memoria composta da «prove concrete» dell’infondatezza dell’accusa ma è quasi scontato che la questione dovrà essere affrontata in dibattimento.
«Non entro nel dettaglio della vicenda perché non è questa la sede ma alcuni elementi devono far riflettere: il mio assistito lavora da dieci anni, ha girato sette ospedali, ha una compagna, è incensurato e nessuno ha mai mosso rilievi». L’esame diagnostico che ha dato impulso investigativo risale allo scorso maggio: la donna arrivò in ospedale in sedia a rotelle e venne sottoposta alla Rx tibio-tarsica, volgarmente definita lastra alla caviglia.
Il tecnico le chiese di togliere i jeans, procedette con la scansione dell’arto con il fascio di protoni dopo di che invitò la moldava a recarsi dall’ortopedico. Bisogna precisare che nella stanza adibita ai raggi X il radiologo non lavora mai da solo: lui posiziona la macchina, dietro a una paratia c’è l’assistente che monitora le operazioni.
Fatta questa premessa, la trentenne andò subito dall’ortopedico - un medico donna, con cui sarebbe stato semplice esprimere perplessità - e non fece parola del disagio lamentato successivamente.
Solo venti giorni più tardi, andando a ritirare l’esito, confidò al personale che la richiesta del radiologo le fosse sembrata inopportuna. Sentita poco dopo dalla polizia aggiunse il particolare dello slip (a suo parere abbassare l’indumento intimo avrebbe avuto senso solo se il tecnico avesse fatto i raggi anche al femore) e quello della mano lunga. «I dettagli li ha aggiunti dopo mesi», fa notare l’avvocato Zanzi.
Sta di fatto che gli inquirenti decisero di sentire tutte le pazienti tra i sedici e i quarant’anni passate ai raggi X nell’arco di un anno. Solo due avrebbero descritto un atteggiamento anomalo del radiologo, ma con scarsa convinzione («forse, aiutandomi a rivestirmi, mi ha sfiorato un seno») e soprattutto senza alcuna intenzione di denunciare.
La cornice dei presunti abusi non è ancora così solida, tanto è vero che il pubblico ministero non ha ritenuto di chiedere una misura cautelare al gip.
Entro febbraio potrebbe comunque arrivare la richiesta di rinvio a giudizio. «Nel caso non arrivasse il proscioglimento in udienza preliminare, si andrà a dibattimento. Il mio assistito è abbattuto e amareggiato ma è molto combattivo. Vuole dimostrare la propria innocenza».
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