DOPO LA SENTENZA
Gallarate, suicida in ospedale: «Agiremo nel civile»
La famiglia di Catello Di Martino non si arrende e chiede giustizia per la tragedia

La condanna per la devastazione del pronto soccorso l’hanno digerita, nonostante faranno ricorso in appello.
Ma la morte di Catello Di Martino i fratelli e la mamma non riescono ad accettarla.
Quello che accadde il 22 gennaio 2019 in ospedale dopo il suicidio del trentenne non può ridursi alla reazione barbara che la famiglia ebbe trovandosi il cadavere nel cortile del Sant’Antonio Abate.
Ne è convinto l’avvocato Giordano Dagrada che si prepara alla causa civile contro l’Asst. Il filone penale si era concluso a maggio del 2021 con l’archiviazione: il gip Piera Bossi ritenne che «nessuno, all’interno della struttura ospedaliera, avrebbe potuto e dovuto impedire al paziente di togliersi la vita». Ma le responsabilità, sul piano civilistico, si valutano con criteri diversi.
LA RICOSTRUZIONE DEI FATTI
Da almeno una settimana Catello - che era affetto da seri disagi psichici - chiedeva una visita urgente in pronto soccorso. Il suo caso però non risultava mai prioritario rispetto a quelli degli altri utenti in attesa di visita, il suo turno al triage non arrivava mai malgrado le richieste insistenti di farmaci.
Era in uno stato di agitazione che lo faceva fremere, era irrequieto, andava e veniva dal Sant’Antonio Abate, così ogni volta doveva rimettersi in fila con il numero. Nel primo pomeriggio del 22 gennaio la famiglia si presentò in ospedale per chiedere spiegazioni al personale, con modi non del tutto pacati. Mentre discutevano con i sanitari Catello sparì dalla sala d’aspetto.
Poco più tardi venne rinvenuto senza vita in un cortile interno dell’ospedale. Michele, Giovanni e mamma Cira reagirono con rabbia e violenza.
LE CONDANNE
Lo scorso luglio il giudice Giulia Pulcina condannò Giovanni a un anno tre mesi e quindici giorni, Michele a dieci mesi e quindici giorni e Cira Esposito a un anno.
Il tribunale inoltre stabilì il risarcimento dell’Asst - assistita dall’avvocato Concetto Galati - del danno non patrimoniale quantificato in 3mila euro e il pagamento delle spese di costituzione di parte civile.
Erano accusati di resistenza a pubblico ufficiale (i poliziotti del commissariato che intervennero per il suicidio), lesioni, danneggiamento, interruzione di pubblico servizio e minacce. Ora il caso va in corte d’appello.
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