IL CASO
S’incontrano a messa. E vanno a rubare
Banda di stranieri dell’Est bloccata dai carabinieri. Il capo dei tre ladri è un laureato

A tradirli è stato un sistema antifurto di ultima generazione, di quelli che riprendono quanto succede in ogni stanza e mandano direttamente le immagini sul telefonino del padrone di casa. Questi era al lavoro a Milano, ma quando ha visto che nella sua cucina c’erano tre sconosciuti che stavano arraffando il suo computer portatile, ha telefonato ai carabinieri.
La pattuglia del Radiomobile della compagnia di Gallarate è arrivata in un attimo, i tre sono stati tutti arrestati.
«Ci siamo conosciuti nella chiesa ortodossa di Milano - hanno poi raccontati davanti al giudice Valeria Recaneschi -. Abbiamo pensato di andare a fare un giro e siamo finito a Gallarate. L’idea di rubare in una casa? Ci è venuta così, al momento».
Il furto è stato commesso nel pomeriggio di martedì 24 aprile, in un appartamento all’ultimo piano di un condominio di via Fieramosca, nella zona sud di Gallarate.
Arrivati da Milano, i tre avevano forzato la porta d’ingresso e avevano preso un computer portatile e altri oggetti. Mentre stavano uscendo, sono però incappati nelle pattuglie dei carabinieri.
Inutile la fuga, un attimo dopo d’intesa con il pubblico ministero Nadia Calcaterra i tre erano già stati arrestati con le accuse di furto aggravato e resistenza a pubblico ufficiale.
«Non è vero, ammetto il furto ma non la resistenza - ha dichiarato il capo dei tre, un georgiano di 46 anni laureato in economia che il furto l’aveva commesso vestito con una giacca dal taglio impeccabile -. Quando i carabinieri mi hanno chiesto i documenti, io glieli ho consegnati subito».
Peccato che fossero documenti falsi, come l’uomo ha poi ammesso una volta messo alle strette: circostanza questa che ha costretto i carabinieri che lo avevano arrestato a complicare ulteriormente la procedura di identificazione, fino a quando è stato chiaro che lo straniero, in Italia almeno dal 2013, residente per un po’ a Sesto San Giovanni e attualmente disoccupato e senza fissa dimora, era già finito nei guai una volta per un furto simile.
Anche gli altri due arrestati hanno raccontato storie poco convincenti: il secondo componente della banda, uno slovacco di quarant’anni, ufficialmente residente a Prato, ha spiegato di aver conosciuto gli altri due stranieri in una chiesa ortodossa di Milano.
Lì era nata l’idea di fare una gita insieme, per questo erano finiti a Gallarate. Il furto?
Sì, ne avevano parlato. O forse no, l’idea ci è venuta così, strada facendo. La testimonianza del terzo arrestato, un russo di 35 anni, non è servita a chiarire le cose: aveva bevuto e fumato un po’ di droga.
Di certo, quando sono arrivati i carabinieri, gli ultimi due, che erano usciti dal condominio scavalcando una recinzione sul retro, hanno tentato la fuga.
«Ci siamo spaventati - hanno detto -, siamo scappati per questo. Però non abbiamo fatto resistenza».
Convalidato l’arresto, si trattava di decidere quale misura cautelare applicare nei confronti dei tre in attesa del processo.
La pubblica accusa ha chiesto il carcere per tutti e tre; la difesa ha chiesto che almeno allo slovacco, l’unico ad avere una residenza ufficiale, fossero concessi i domiciliari. Il giudice ha invece deciso che tutti resteranno in carcere, a disposizione dell’autorità giudiziaria.
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