IL PROCESSO
Matilda uccisa da nessuno
Assolto anche l’ex compagno della madre. La critica: «Sono mancate le indagini»

Un’unica paradossale, inverosimile certezza: Matilda Borin, a soli ventidue mesi, venne ammazzata da un unico calcio che le sezionò un rene e il fegato in due porzioni, che le spinse la settima costola nella pleura e che le lesionò l’altro rene.
Ma chi le sferrò quel colpo mortale resta ignoto.
Ieri, venerdì 5 febbraio, infatti, la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso contro l’assoluzione di Antonio Cangialosi, il terzo elemento di una triade tragica.
Nella casa di Roasio, il 2 luglio 2005, con la piccola c’erano soltanto lui e la madre Elena Romani.
La hostess di Legnano si ritrovò in carcere dopo pochi giorni con l’accusa di aver ucciso sua figlia. Nemmeno si sapeva che la piccina - nata il 22 agosto 2003 dal matrimonio con l’imprenditore di onoranze funebri Simone Borin - non fosse morta per cause naturali. Elena Romani venne convocata in Procura a Vercelli, gli inquirenti le misero sotto gli occhi le foto dell’autopsia e le dissero «l’assassina sei tu».
Chi c’era ancora ricorda l’urlo straziante che riecheggiò nei corridoi. Ebbene, la donna uscì da ogni processo assolta con formula piena.
Gli avvocati Tiberio Massironi e Roberto Scheda non cercarono mai scorciatoie: affrontarono la Corte d’Assise e con perizie e con ricostruzioni scientifiche e medicolegali smontarono le tesi degli inquirenti, forse ancora un po’ impressionati, suggestionati, dal caso di Cogne.
E allora chi colpì la bimba con tale violenza?
Le regole del giusto processo, in Italia, non consentono di tramutare l’assoluzione di un imputato in una condanna per l’unico altro possibile reo. Se Elena non uccise Matilda, non la uccise neppure Cangialosi in assenza di prove granitiche contro di lui.
Furono Elena e gli avvocati Massironi e Scheda a far riaprire le indagini per affermare quel principio di ovvietà per cui «o me o lui, tertium non datur».
«Ma c’eravamo solo noi a lottare per la verità, lo Stato è mancato fin dall’inizio e questo ci lascia un’immensa amarezza», commenta Massironi.
«Se non esistono prove contro l’imputato è anche per colpa di indagini non sufficientemente aperte nella ricerca di ulteriori elementi nei confronti di entrambi», scrissero i giudici della Corte d’Appello di Torino che dichiararono l’innocenza dell’ex fidanzato della hostess.
Matilda oggi non sarebbe ancora maggiorenne, lo sarebbe diventata ad agosto.
«Avrei voluto darle giustizia, darle pace. Ringrazio i miei avvocati per tutto quello che hanno fatto per riaprire il caso e per aver provato a ripristinare la verità. Non ci siamo riusciti ma abbiamo la coscienza a posto», sono le laconiche parole che Elena ha pronunciato parlando con i suoi legali. E di Matilda ora non si parlerà più.
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