L’INIZIATIVA
Gay Pride a Varese, lancio a Busto
Tanta curiosità attorno al gazebo che promuove la parata nel capoluogo

La Ines è un ragazzone alto, con gli occhi azzurri e il trucco pesante. Una parrucca bionda e tanta voglia di combattere contro ogni pregiudizio. La conoscono un po’ tutti nell’ambiente. È una sorta di icona del Gay Pride.
Sta sotto il gazebo in via Milano in un sabato pomeriggio bustocco, quello di ieri, 11 marzo, come tanti altri e non ha nessun problema ad ammettere che «il travestimento è il mio modo di essere».
La battaglia della Ines
Quarantadue anni (l’età si può dire?), di lavoro fa l’impiegato e va vestito normale in ufficio. Ma quando può, libera il suo modo di essere perché ormai «abbiamo tutti più consapevolezza». Le coppiette passeggiano per il centro e lo guardano, i ragazzi lanciano qualche occhiataccia, qualcuno sorride.
«È dura combattere i pregiudizi. Più sale il livello dei diritti, più cresce anche chi si contrappone alle nostre rivendicazioni».
Ma la Ines non si cura. Tira dritto/a per la sua strada e mostra alcuni volantini. Per esempio ce n’è uno che recita: «Alcuni ragazzi amano ragazzi. Fattene una ragione».
Lo giri e ritrovi un’affermazione ancora più forte: «Alcuni ragazzi sposano ragazzi. Fattene una ragione».
Vicino alla frase, però, compare un asterisco che rimanda a un provocatorio: «Nei Paesi civili, ma non in Italia».
Il volantino, per la verità, andrebbe aggiornato perché l’unione civile tra persone dello stesso sesso è ormai legge, ma è un cartoncino emblematico di una lotta che Arcigay insieme a tutte le organizzazioni di questo tipo ormai conduce da anni.
«No omofobia, no transfobia», è l’altro slogan.
Non è una baracconata
Giovanni Boschini è il presidente di Arcigay Varese.
È soddisfatto dell’iniziativa svolta a Busto, la prima di questo genere in città dopo le polemiche seguite alla serata con Povia in difesa della famiglia tradizionale, qualche mese fa a Borsano. Ma nessuna contrapposizione.
Per Boschini non è proprio il momento di mettersi gli uni contro gli altri.
«Il Pride ha radici profonde, è un momento di rivendicazione dei diritti ma anche una festa». Sbaglia chi lo ritiene solo una baracconata: «Quelli che si travestono è perché si sentono di farlo».
È libertà, dunque, non necessariamente esibizionismo. Vicino a Boschini ci sono Giulia e Paolo. Rappresentano l’associazione Altomilanese Lgbti, cioè lesbiche, gay, bisex, trans e intersex. Abitano nella zona e testimoniano come sia «ancora molto difficile uscire allo scoperto. La strada è lunga. A Milano appare normale che due persone si abbraccino o vadano in giro mano nella mano, qui c’è ancora molta diffidenza».
Occhio ai bambini-giocattolo
Gli omosessuali vengono percepiti quasi come una minaccia per la società, tanto più se si vanno a toccare temi delicatissimi come quello dell’adozione.
Non è un caso, allora, che l’altra sera sulle passerelle dei Cinque Ponti (in vista del Busto Arsizio Pride Square, cioè del gazebo di ieri pomeriggio in via Milano) sia comparso uno striscione con scritto: «La vostra adozione è la nostra estinzione».
Iniziativa poi rivendicata da Comunità Giovanile che ha diffuso un comunicato firmato dal presidente Lorenzo De Bernardi: «Una società che promuove un mercato dei bambini, proponendoli come oggetto di un desiderio individuale, è destinata all’estinzione, soprattutto nel momento in cui questa concezione di compravendita di bambini-giocattolo da scegliere, viene assorbita e ritenuta normale dalle coscienze di ognuno».
Nello stesso tempo non vengono tutelati «i diritti dei nostri esseri più indifesi, i neonati».
E se l’umanità non considera più i propri figli «le conseguenze non tarderanno a farsi sentire».
Annuncio messianico per giustificare «le sempre meno culle», pur con un’importante precisazione: «Resta il fatto che nessuno ha intenzione di discriminare le persone omosessuali. Si tratta semplicemente di difendere le basi su cui si fonda la società».
Al di là di qualsiasi steccato
Da Boschini la replica è sintetica: «Questi temi sono molto delicati e da affrontare in modo costruttivo. Mi sembra che questa presa di posizione sia comunque illogica alla sua base».
Per parlare di questo e di molto altro ancora Arcigay cercherà di essere anche a Busto durante la settimana del Pride varesino, dal 10 al 16 giugno. Materiale di dibattito non manca. L’importante è che ognuno possa farlo senza preconcetti e senza pregiudizi. Sia per chi è omosessuale, sia per chi è etero, il messaggio del Gay Pride è uno solo, quello della libertà e del confronto senza steccati e senza barriere. Una sfida che Busto non può non raccogliere.
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