LA TESTIMONIANZA
«Da figlio di papà a figlio di Dio»
Giacomo Celentano racconta la sua conversione ai giovani dell’Unitalsi

«Gloria, ricchezza e potere non valgono nulla. Una cosa sola serve nella vita: Dio. Perché è la nostra felicità».
Questo è il messaggio conclusivo rivolto ieri, domenica 7 luglio, a Villa Cagnola da Giacomo Celentano, il figlio secondogenito di Adriano e Claudia Mori, ai partecipanti al quinto incontro regionale dei giovani dell’Unitalsi (Unione nazionale italiana trasporto ammalati a Lourdes e santuari internazionali).
All’incontro, coordinato dai responsabili regionali della sezione giovanile dell’associazione, Marco Maggi e Maria Cristina Porro, hanno partecipato un centinaio di ragazzi.
Una ventina quelli della sottosezione del capoluogo varesino guidati dalla responsabile, Francesca Bianchi.
La testimonianza di Giacomo è stata preceduta dall’esibizione di Vito Cifarelli, il cantante e imitatore, barese di Corato, il quale ha saputo emozionare il pubblico con quattro canzoni del “molleggiato”.
Scatenando l’entusiasmo dei ragazzi, Cifarelli è stato accompagnato nella sue esecuzioni da Ronnie Carraro di Caronno Varesino e dalla volontaria milanese Greta Sole De Todaro.
Dopo aver cantato una canzone scritta da Oscar Avogadro che parla di Dio senza mai nominarlo, Giacomo Celentano ha iniziato a raccontare la sua storia, come «da figlio di papà è diventato figlio di Dio».
«Trent’anni fa - ha raccontato - mentre ero tutto dedito al mio lavoro, avevo abbandonato Dio, ma Egli bussa continuamente alle porte del nostro cuore e, se non riceve risposta, bussa sempre più forte».
Quando la strada verso il successo sembrava aperta, ecco uno stop imprevisto: un’insufficienza respiratoria impedisce al giovane cantante di proseguire la sua attività.
«In pochi mesi - ricorda - rimasi solo con la mia malattia. Intorno a me Dio fece terra bruciata».
Giacomo ricomincia a pregare e inizia un percorso di riavvicinamento al Signore con l’aiuto di padre Emilio, un vocazionista che gli fa capire che il suo desiderio di abbracciare la vita religiosa non è una vocazione seria ma il tentativo di trovare una via di fuga alla sua condizione di forte disagio.
In pellegrinaggio a Lourdes, nel 1996, con mamma e papà, Giacomo, davanti alla grotta di Massabielle, non chiede alla Vergine di ritrovare successo e popolarità ma di realizzarsi nella sua vita.
Un anno più tardi, ecco l’incontro fondamentale della vita con Katia, la ragazza «che ha portato Gesù misericordioso nella mia vita».
È l’inizio della conversione.
«Per quattro anni e mezzo siamo stati fidanzati nella castità. Un valore, quest’ultimo, da riscoprire in questa società scristianizzata nella quale, tra poco, se parli di Gesù all’aria aperta ti sparano».
Giacomo riassume la sua storia ispirandosi alla parabola della pecora smarrita.
«Nel momento del mio smarrimento, del buio più cupo della mia vita, Gesù è venuto a cercarmi. Mi ha caricato sulle sue spalle, mi ha curato, guarito e mi ha riportato all’ovile che è la sua santa Chiesa».
I giovani dell’Unitalsi, con il presidente regionale, Vittore De Carli, e l’assistente spirituale, don Michele Barban, al termine della messa celebrata dal vescovo Luigi Stucchi hanno festeggiato Rachele Colombo ed Ernesto Grossoni, due volontari dell’associazione, che hanno ricordato il 60° anniversario di matrimonio.
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