A TEATRO
Giacobazzi e una vita da pedone
Il comico domani porterà in scena il suo ultimo spettacolo: risate garantite

Al Teatro di Varese domani sera, alle 21, ritornerà Giuseppe Giacobazzi col suo ultimo spettacolo dal titolo Il Pedone - sottotitolo Luci, ombre e colori di una vita qualunque - che paragona la nostra vita a quella vissuta su una scacchiera.
«In questo spettacolo - spiega Giacobazzi - racconto la mia vita attraverso la metafora del pedone che si muove su una scacchiera, un passo alla volta. E che con meno poteri di tutti va avanti lo stesso per la sua strada».
Che cosa cerca di trasmettere questo pedone?
«È il pretesto per analizzare ironicamente la vita come si è evoluta nel tempo, dai vent’anni a oggi, se è rimasta ancora la semplicità di una volta, se siamo in fondo sempre gli stessi oppure ci siamo trasformati in qualcosa d’altro. Ma non c’è solo il passato, ci sono anche il presente e le speranze per il futuro».
È vero che si stava meglio quando si stava peggio?
«Non è vero che si stava meglio quando si stava peggio: ogni età e ogni periodo hanno i loro pro e contro. Direi che siamo sopravvissuti sicuramente a mille pericoli».
Lei come vive le sue giornate?
«Cerco di godermi di più le gioie della vita, rinuncio più spesso agli impegni per passare un weekend con la mia famiglia, per andare a fare un giro in moto, per vedermi un gran premio di MotoGP e Superbike, che è la mia passione. Diciamo che lavoro più per vivere, anche se il mio lavoro di fatto lo considero una grande passione».
I suoi spettacoli sono molto divertenti, ma molto riflessivi al tempo stesso...
«Cerco di realizzare spettacoli che abbiano un senso, che non siano fini a se stessi, che spero trasmettano qualcosa. Con la comicità provo a comunicare le mie impressioni sul quotidiano con leggerezza, ridendoci su, toccando tematiche che possono riguardare chiunque».
Che ne pensa dei giovani di oggi rispetto a quelli di ieri?
«I giovani sono diversi da noi perché sono bombardati da informazioni che gli moltiplicano la personalità e non riescono a vivere con la semplicità che avevamo noi. Ma in fondo sono uguali a noi, hanno gli stessi sentimenti, le stesse paure, le stesse emozioni che avevamo noi».
Ci sono tanti giovani ai suoi spettacoli?
«Sì. Molti vengono ma soprattutto ci tornano, grazie al fatto che tanti miei video girano su Internet, quindi su canali comunicativi più vicini a loro. E di conseguenza una volta che scoprono lo spettacolo dal vivo se ne innamorano».
Lei se la ride spesso durante i suoi spettacoli: non sarà un caso?
«A 60 anni mi diverto ancora moltissimo e soprattutto sento che ho ancora molto da imparare, perché ho ancora tanta curiosità su ciò che mi circonda. Non è un caso che rido alle mie stesse battute, situazione che continua anche quando scendo dal palco: mi sento sempre lo stesso ma ho imparato a non prendermi mai troppo sul serio».
Zelig, il locale, è in difficoltà: si parla di chiusura, che effetto le fa?
«Mi dispiace. Spero proprio che non chiuda. Ho fatto moltissime serate in viale Monza a Milano, poi con la trasmissione in tv ho avuto la possibilità di farmi conoscere al grande pubblico: quel locale è stato un grandissimo trampolino di lancio per me e per tanti miei colleghi. Mi auguro che Zelig continui a seminare cabaret a lungo».
Pare che comunque ci sia una rinascita dei locali di cabaret...
«Spero proprio di sì. Sarebbe importante che ci fossero ancora spazi dal vivo dove i comici possano esibirsi e maturare, com’è capitato a me. Prima di arrivare in tv ho fatto tante serate dal vivo ovunque mi capitasse. È stata questa l’esperienza che mi ha permesso di crescere artisticamente, di imparare ad affrontare qualsiasi pubblico: una vera e propria scuola sul campo senza la quale non sarei mai riuscito ad andare avanti sulla scacchiera dello spettacolo».
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