IL CONCERTO
Gli Scorpions “pungono” ancora
Convincente esibizione all’Arena per la storica band rock di Hannover

Novantatre minuti. Tanti ne sono serviti agli Scorpions , lunedì 23 maggio, nella suggestiva cornice dell’Arena di Verona, per cancellare definitivamente certi ‘fantasmi’ del passato.
Alla faccia di chi la dava per finiti, spacciati, vittime inconsapevoli di una “anzianità di servizio” troppo ingombrante persino per dei colossi del Rock come loro, che per anni hanno fatto della fisicità on stage uno degli elementi chiave del proprio successo.
L’esibizione all’Hydrogen Festival di Piazzola Sul Brenta (Padova) di quasi due lustri fa, aveva segnato, in questo senso, forse il punto più basso mai toccato dalla band di Hannover. Una performance imbarazzante, con tanto di chitarre totalmente fuori tonalità dall’inizio alla fine del concerto, e Klaus Meine che, più che cantare, sembrava letteralmente annaspare.
Per fortuna, i teutonici erano tornati in Italia per riscattare la debacle di quel luglio 2014 già a partire dall’anno successivo, e poi ancora nel 2018 (sempre all’Arena di Verona, ove fecero sold-out), e nel 2019.
L’esibizione di lunedì ce li restituisce, nonostante i dubbi dei più scettici sulle condizioni del già citato Meine e del chitarrista Matthias Jabs, infortunatosi ad una mano ad inizio mese, tanto da dover costringere la band a rinviare tre date, in buona forma.
Certo, la voce del buon Klaus non è più quella di un tempo, e ce ne si può accorgere da come il settantaquatrenne Meine ricorra alla tecnologia, alias autotune, (fortunatamente, non vi è traccia di playback) per aiutarsi a cantare sul registro corretto. Jabs, dal canto suo, fatica su almeno un paio di assoli, segno che il processo di recupero dal poco piacevole infortunio occorsogli circa tre settimane fa, non può dirsi del tutto completato. Ma sono tutto sommato piccoli nei in un’esibizione lodevole dal punto di vista della grinta e dalla caparbietà profuse da una band di autentici veterani.
«Non sapete quanta gioia ci dia tornare a suonare dal vivo e di fronte ad una vera audience!» arringa Klaus Meine mentre presenta “The Zoo”, uno dei grandi classici degli Scorpions.
Purtroppo, non vi è traccia di alcuna celebrazione per il cinquantesimo anniversario della pubblicazione di “Lonesome Crow”, storico esordio del quintetto uscito nel febbraio 1972. Se non altro, viene ricordato il capolavoro “Blackout”, che quest’anno spegne quaranta candeline, con l’esecuzione della potentissima traccia omonima.
Non mancano comunque le sorprese, con la celebre “Wind Of Change” presentata con un testo modificato, in cui si fa esplicito riferimento alla drammatica situazione ucraina degli ultimi mesi. Ed è una piacevole notizia sapere che i brani del recente, dignitoso, “Rock Believer”, pubblicato a febbraio, dal vivo convincano anche di più che in studio.
I classici, però, sono soprattutto quelli tratti dall’altro grande classico del 1984, quel “Love At First Sting” che vendette tre milioni di copie negli Stati Uniti. Oggi quei brani vengono cantati praticamente a squarciagola da tutti i presenti, tra cui si scorgono facce giovani o addirittura giovanissime, evidente segnale del rispetto e dell’ammirazione che le nuove generazioni nutrono nei confronti degli ‘antichi maestri’.
E forse anche monito che gli Scorpions visti all’Arena, grintosi ed ispirati, nonché decisamente di buon umore, vogliano continuare a scrivere la storia del Rock, fintanto che cuore, mente, e non da ultimo, fisico, glielo permetteranno.
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