LO SCENARIO
Guerra in Sudan: «Unica salvezza la fuga in Europa»
La testimonianza di padre Angelo Giorgetti, comboniano varesino: ci sarà una migrazione immensa

«Laggiù c’è una vera e propria guerra urbana che distrugge ogni cosa e la gente non sa più dove andare. Stiamo per assistere ad una migrazione paurosa che si riverserà forse in Libia e da qui sul Mediterraneo». Non c’è pace per il Sudan, 40 milioni di abitanti da una settimana al centro di una lotta fratricida che vede fronteggiarsi senza esclusione di colpi due generali e le loro rispettive fazioni armate composte da oltre 100mila truppe mercenarie.
Il varesino padre Angelo Giorgetti si trova ora nella Casa dei Comboniani a Roma dopo aver trascorso nel Paese africano sedici anni della sua vita sacerdotale. Le ultime notizie che gli sono giunte ieri via whatsapp dal padre superiore Diego Dalle Carbonare, rimasto in Sudan, raccontano di violenze senza confini e di un futuro senza speranze, almeno a breve: «Per diverse ore al mattino non siamo riusciti a contattare nessuno dei confratelli a Khartoum. Poi, verso l’una, è caduto un missile sulla chiesa della nostra parrocchia di Bahri dov’è la casa provinciale e questo ha convinto una volta per tutte i nostri confratelli ad abbandonarla. Anche al Comboni College, dove non c’è corrente elettrica, i confratelli sono arrivati alla stessa decisione e sono usciti a piedi a rischio della vita. Nel tardo pomeriggio i componenti di entrambe le comunità sono riusciti a rifugiarsi a Omdurman, periferia della capitale, dove per ora la situazione è molto meno caotica e pericolosa. L’uso di armi pesanti è continuo e i civili stanno abbandonando Khartoum in migliaia, qualcuno scappando in Etiopia, altri in Sud Sudan».
Come tanti laggiù, padre Angelo sperava che la rivoluzione popolare del 2019 portasse, come da accordi, ad elezioni regolari e alla pacificazione, invece… «Invece il popolo è stato tradito ancora una volta e quello che mi spiace di più è vedere da un lato che si tratta di gente in larga maggioranza pacifica, che non mostra simpatia né per l’una, né per l’altra parte in guerra, dall’altro che la comunità internazionale non l’ha mai appoggiata, ma ha preferito rimanere a guardare chi avrebbe preso il potere, in un gioco di interessi economici e di investimenti finanziari (soprattutto da parte statunitense, ndr) di cui il popolo è vittima».
Morti in misura crescente anche tra i civili e poi saccheggi, terrore «e adesso che hanno chiuso le ambasciate, la situazione non potrà che peggiorare». Gli italiani stanno lasciando quasi tutti il Sudan su aerei messi a disposizione dalla Farnesina, ma come potrà evolversi la situazione nelle prossime settimane? «Difficile dire, tanto il quadro che si presenta è drammatico. Personalmente non so proprio cosa rispondere, se non che dobbiamo pregare per quella gente che ha di fronte una sola prospettiva di salvezza, la fuga verso i Paesi vicini e da lì quasi certamente in Europa attraverso il Mediterraneo».
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