SAN VITTORE OLONA
«Ho pensato di uccidermi»
Tiziano Rossi confessa il delitto di Teodora: ha chiesto e ottenuto il processo con rito abbreviato

Uccise Teodora Catauta il 30 aprile dell’anno scorso. Non è ancora trascorso un anno ma Tiziano Rossi è già comparso davanti al gup Luisa Bovitutti per rispondere di omicidio volontario: l’avvocato Giuseppe Lauria ha chiesto e ottenuto il processo con rito abbreviato condizionato all’acquisizione del fascicolo per stalking. Già perché da quell’accusa Rossi è stato assolto il 25 marzo dal giudice Maria Greca Zoncu: non era lui a tormentare la donna, a quanto pare era Tedora stessa a esasperarlo in un tira e molla di denunce infondate e profferte amorose.
Ed è proprio su questo aspetto che l’avvocato Lauria intende puntare per cercare di contenere la pena. La parola chiave della difesa è «provocazione», ma la vicenda verrà affrontata nel dettaglio a giugno, quando sia Lauria che il pubblico ministero Maria Cardellicchio discuteranno sul trattamento sanzionatorio. Intanto l’ex marito della vittima si è costituito parte civile.
Come è noto l’uomo - pluripregiudicato, conosciuto nell’ambiente malavitoso come lo Zoppo, a causa della sua disabilità fisica - quella mattina sparò a Teodora con una calibro 38 che da anni teneva in auto «perché non si sa mai, sono invalido e magari ho bisogno di difendermi». Durante l’interrogatorio, l’imputato raccontò i concitati istanti precedenti il delitto. «Venne a suonarmi per l’ennesima volta, io ero in cortile, stavo preparando la macchina per andare al mare dai suoi. Mi disse “non ti è ancora bastato?” e poi mi tirò un mozzicone in testa e mi sputò in faccia. E io ho sbroccato». Teodora riprese la strada verso casa, a pochi metri dall’abitazione di Rossi, e certo non pensava di aver innescato una bomba a orologeria. Tempo zero, Rossi le arrivò vicino in macchina, in via Grossi, impugnò la Smith & Wesson che aveva nel vano porta oggetti e sparò tre colpi, il primo al ventre «e poi chiusi gli occhi». Subito dopo - raccontò lui dopo l’arresto - avrebbe premuto il grilletto contro se stesso, ma l’arma, vecchia e mai utilizzata, si inceppò. Confuso, prese la direzione di Arluno e lì chiese a un tizio come raggiungere Torino, senza una ragione precisa. Arrivato nel capoluogo piemontese - spiegò agli inquirenti - voleva ancora togliersi la vita. Andò alla Mole Antonelliana per gettarsi nel vuoto ma quel giorno a quanto pare era chiusa.
Sicché prese una stanza in un albergo, contando di buttarsi dalla finestra. Gliene dettero una al terzo piano, non molto alto, ma sufficiente per farla finita. Ma niente, la finestra era rotta, non riuscì ad aprirla. «Che sfiga», si disse (e lo mise anche a verbale). A quel punto non gli restò altro da fare che scendere alla reception: «Chiamate la polizia, ho ucciso la mia ex».
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