LA CONFESSIONE
«Ho ucciso l’avvocato Mirabile»
Il superpentito Vizzini si autoaccusa: si alza il velo sul delitto di mafia del maggio 1989.

Erano le 16.15 del 17 maggio 1989 quando il centro storico di Gallarate si trasformò nello scenario di un delitto tra i più efferati della storia recente, rimasto, fino al 13 ottobre, con tanti punti interrogativi. L’avvocato Antonio Mirabile stava camminando verso il suo studio di via Manzoni quando fu raggiunto da due sicari in moto e con il volto coperto da un casco integrale. Poi, la tragedia, consumatasi in pochi secondi: colpi di pistola al suo indirizzo e, da parte del legale, l’inutile tentativo di rispondere al fuoco con la Smith&Wesson calibro 38 che custodiva sotto la giacca, prima di cadere esanime al suolo. Quindi solo ipotesi investigative e l'accusa - mai provata per intero e sempre rispedita al mittente - di un pentito, Salvatore Trubia, che indicava in Rosario Vizzini il killer di Mirabile. La giustizia però non è mai stata in grado d'indicare il colpevole di quell'omicidio. Fino a ieri, 13 ottobre, quando il pentito di mafia Rosario Vizzini ha confessato, confermando quel che Trubia sosteneva da anni e sconfessando il verdetto della Suprema Corte che l'aveva assolto: "Sono stato io a uccidere l'avvocato Mirabile".
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