PROTAGONISTA
Il comico venuto dal Nord
Pozzetto e il cinecabaret, una storia da scoprire a teatro. Il 29 sul palco dell’Ucc di Varese

All’appuntamento Renato Pozzetto si presenta con uno dei gioielli targati MV Agusta, la Brutale 800. «Regalo in differita di Gesù Bambino; valeva la pena aspettare. Ho sempre amato le moto, lo prova una delle “canzoni intelligenti” scritta con Cochi».
Già, Cochi e Renato. Lei sarà il 29 aprile all’UCC Teatro di Varese con “Siccome l’altro è impegnato”. Un titolo insolito.
«Mi serve per fare capire che sul palco sono solo o per meglio dire senza Cochi perché in realtà mi accompagna una piccola orchestra, musica rigorosamente dal vivo. “L’altro è impegnato” significa anche che non si esclude in assoluto un ritorno della coppia».
Possibile sin dalla prossima stagione?
«No, per il 2016-2017 ho in programma ancora questo spettacolo. La data di Varese sarà la penultima di questa stagione che concluderò il 10 maggio al Teatro Nazionale di Milano, dove mi rivogliono per la quinta volta; ne sono felice».
Ma la sua città del cuore è Milano o Laveno?
«Sono nato a Milano e il mio quartiere generale per il lavoro è lì. La provincia di Varese, prima Gemonio e poi Laveno, l’ho conosciuta da bambino quando la mia famiglia, come tante altre milanesi, ha abbandonato la città bombardata durante la guerra. Del lago e di Laveno mi sono innamorato; lì ho una casa, lì, a Monteggia, ho la Locanda Pozzetto dalla cucina lombarda che regala più di una soddisfazione. È un posto in cui credo e investo. Laveno mi ha dato tanto, ho cercato di ricambiare tutte le volte che mi è stato possibile».
Anche portando la nostra terra in televisione o al cinema. E il rapporto con Varese?
«Buono se riesce a smuovermi dal mio rifugio con vista sull’acqua dolce. Mi piace il centro, mi piacciono molto i Giardini Estensi, lì è stato girato il mio episodio del film “Per vivere meglio divertitevi con noi” diretto da Flavio Mogherini».
Correva l’anno 1978 e Federica Mogherini, figlia del regista, aveva solo 5 anni; ora è Alto Rappresentante dell’Unione Europea per gli affari esteri.
«Sinceramente ho solo un vago ricordo della bambina. Tutto preso dal lavoro non le ho dedicato attenzione; certo se solo avessi saputo che sarebbe diventato un pezzo grosso...».
Mogherini la diresse anche in “Per amare Ofelia”, suo debutto sul grande schermo.
«Arrivavo dal cabaret e dalla televisione dove facevo comunque cabaret. Per me il cinema era una novità assoluta. Mi fu di grande aiuto scoprirlo più artigianale che industriale. La macchina da presa faceva un gran rumore e non avrebbe dovuto farlo, la cosa mi mise a mio agio, impiegai poco a conoscere il mezzo. Cercai di recitare non come volevano a Cinecittà ma in modo personale, con naturalezza. Mogherini apprezzò, altri meno. Con Dino Risi, ad esempio, gli inizi non furono idilliaci, poi comprese che non volevo prevaricare ma collaborare attivamente e “Sono fotogenico” fu il bel frutto di un lavoro comune».
Lei e Roma non siete mai andati troppo d’accordo.
«Ero il comico venuto dal Nord, il primo, ho aperto la strada, e a Roma rimanevo solo il tempo necessario per le riprese. Mi mancava l’aria di casa: resto un ragazzo di campagna».
Del “Ragazzo di campagna” vedremo qualche scena anche a teatro. Sottotitolo dello spettacolo è “cinecabaret”.
«Alterno monologhi di cabaret a canzoni e a spezzoni di film. Ne ho scelti due tra i più fortunati in sala: “Il ragazzo di campagna” e “È arrivato mio fratello”, di Castellano e Pipolo».
Tra i tanti trasmessi ancora oggi in televisione dove resta difficile trovare una sera senza un film con Pozzetto.
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