L’INTERVISTA
«Terrorismo più pericoloso dell’arma nucleare»
Guerre e timori. La visione del fisico nucleare Martellini, docente all’Insubria

«Una guerra nucleare non deve essere combattuta, anche perché non può essere vinta, in quanto porterebbe alla distruzione dell’umanità».
Questa frase è stata pronunciata per la prima volta a Ginevra nel 1985 dai leader delle due superpotenze mondiali, che allora erano il presidente degli Stati Uniti Ronald Reagan e il segretario generale dell’Unione Sovietica Mikhail Gorbachev. La frase è stata poi ripetuta nel 2021, sempre durante un vertice a Ginevra, da Joe Biden e Vladimir Putin. Tuttavia mai come in questi ultimi anni, con lo scoppio della guerra in Ucraina prima e ora con la guerra tra i terroristi di Hamas e Israele, la sensazione di un’imminente minaccia nucleare riecheggia ogniqualvolta sentiamo le notizie di nuovi attacchi, mediazioni fallite, stragi che coinvolgono anche civili. Abbiamo rivolto qualche domanda al fisico nucleare Maurizio Martellini, docente di fisica al Dipartimento di scienza e alta tecnologia all’Università dell’Insubria.
Professore, chi detiene la possibilità effettiva di sferrare un attacco nucleare?
«L’arma nucleare è un oggetto che richiede una conoscenza tecnologica e di laboratorio che non hanno tutti i Paesi. Per la bomba atomica occorrono materiali nucleari speciali, che sono degli isotopi dell’uranio, i quali devono essere trattati, perché gli stessi isotopi possono servire anche per un reattore civile. I Paesi che hanno l’arma nucleare ufficialmente sono nove, ovvero i cinque del Consiglio di sicurezza permanente (Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Russia e Cina) e poi India, Pakistan (entrambi con un equipaggiamento nucleare estremamente efficiente), Israele e la Corea del Nord».
Quante sono le armi nucleari possedute da Israele, dove si trovano e quanto sono sicuri i depositi dove vengono tenute?
«Già quando ci fu, nel 1973, la guerra israelo-araba del Kippur, Moshe Dayan al dicastero della difesa (il primo ministro era Golda Mayer) mise in allarme le armi nucleari israeliane, che erano molto poche e lanciate da aeroplani. Oggi Israele può contare su armi e mezzi più avanzati. L’Intelligence sostiene che Israele abbia da 200 a 400 armi nucleari tenute in depositi, mentre il reattore nucleare che produce il materiale “bombabile” (plutonio) è nel deserto del Negev presso la città di Dimona. Nessuno sa dove esattamente vengano stoccate queste armi, anche se gli analisti ritengono che siano raggruppate in prossimità degli avio-oggetti che le dovrebbero poi lanciare. Quanto sono sicuri questi depositi? Nessuno può dirlo con certezza, proprio per la presenza di Shahid, ovvero martiri in arabo, che sono soggetti disposti a sacrificarsi per una causa. Il terrorismo islamico è un mostro e rappresenta il vero pericolo. D’altro canto Israele ha un esercito pieno di fratture e molto indebolito. Detto fuori dai denti: Israele non viene salvato dall’arma nucleare, che non serve più a nulla. Come non serve a nulla negli altri Paesi che ce l’hanno».
In che senso l’arma nucleare non serve più a nulla?
«Esistono teorie matematiche, che io insegno in un piccolo corso di master, che dimostrano che a un attacco nucleare ne segue un altro e poi un altro e un altro ancora e questa catena dove si ferma? E poi l’arma nucleare non distingue cittadini e militari, quindi è un’arma, per molti analisti come me, “inutilizzabile”. La funzione dell’arma nucleare è fondamentalmente di deterrenza».
Noi stiamo avvertendo il pericolo atomico come una spada di Damocle che incombe sulle nostre teste. Ma quanto è lontana la lama dalle nostre teste?
«Tantissimo, e non lo penso solo io. Quello che può essere preoccupante è la non capacità di deterrenza convenzionale di dissuasione di Israele, Paese profondamente in crisi dopo 17 anni di governo di Netanyahu. Per questo Hamas ha attaccato. Quindi la vera domanda è: quanto è efficace la dissuasione di Israele oggi? In questo senso va interpretata la visita di Biden dell’altro giorno».
Anche alla luce di tutto questo la spada rimane lontana?
«Io continuo a crederlo. C’è il famoso orologio dell’Apocalisse, che un gruppo di scienziati ha avviato nel 1945, subito dopo gli attacchi nucleari, per scandire il tempo fino alla fine del mondo. Siamo a un minuto dalla fine, ma, nella vita quotidiana, un minuto sembra niente, in realtà è tanto. Sarò controcorrente, ma non ritengo che l’arma nucleare rappresenti la minaccia principale. La vera minaccia è il terrorismo, anche con armi convenzionali».
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