L’INTERVISTA
«Vittoria sul set? Una luce»
Parla il regista varesino Ciro Visco, che dirige “La fuggitiva” Puccini in un’altra serie di Rai 1

«Quando Vittoria Puccini arriva sul set è come se all’improvviso si accendesse una luce. Brava, professionale, una gioia lavorare con lei». Così dell’attrice che domani, lunedì 12 aprile, vedremo su Rai 1 in “La fuggitiva”, parla Ciro Visco, 42 anni, il regista varesino che la sta dirigendo in “Non mi lasciare”, serie in quattro puntate destinata ad approdare sulla stessa rete in autunno.
Dopo avere firmato diversi episodi di “Gomorra” e di “Doc - Nelle tue mani”, ora una fiction “tutta sua”. Soddisfatto?
«Molto, anche perché faccio parte di una squadra straordinaria. Accanto a Vittoria Puccini, che interpreta un vicequestore, schieriamo un tridente di peso composto da Sarah Felberbaum, a me particolarmente cara anche perché sono un tifoso romanista, Alessandro Roja e Eugenio Franceschini. Senza dimenticare Maurizio Lombardi, altro attore notevole».
Ritorno all’action, suo terreno preferito?
«Sono cresciuto e mi sono formato con l’action ma, folgorato, come molti, dal genio di Quentin Tarantino, mi sono convertito alla contaminazione di generi. In “Non mi lasciare” le scene d’azione non mancano ma è un poliziesco. Si indaga sulla pedopornografia online».
Casi che riguardano bambini o ragazzi erano presenti anche in serie recenti quali “Mina Settembre” e “Màkari”...
«Come la nostra, si tratta di produzioni Rai. Credo sia giusto e, in fondo, naturale che la tv di Stato non rinunci a un ruolo educativo. “Non mi lasciare” sottolinea come una cosa così importante, magica e a portata di mano per tutti quale il web, se usata male, possa avere effetti devastanti».
Per nove settimane il vostro set è stato in una Venezia deserta. Straniante?
«Non avrei mai pensato di vedere piazza San Marco completamente vuota. E neppure che girando una fiction si potesse documentare una realtà così irreale che speriamo cambi presto. Come tutti, provo un disperato desiderio di normalità. E tanta voglia di tornare al cinema in tranquillità».
E nella sua Varese, che ha lasciato per Roma, torna spesso?
«Prima dell’emergenza sanitaria sì, anche per trovare mamma, poi, forzatamente, meno. Chi sta sul set deve rispettare ulteriori misure di sicurezza, ad esempio sottoporsi a tre tamponi ogni settimana. Da settembre però per qualche tempo sarò a Milano per lavoro, una proposta accettata ben volentieri anche proprio perché mi permetterà di venire più volte a Varese».
Cosa girerà a Milano?
«Si intitola “Blocco 181”, ne dirigerò alcune puntate. È una produzione Sky che guarda alla Milano delle periferie. È un ritorno nella città dove ho mosso i primi passi professionali, poi sono arrivate Napoli e Roma».
C’è chi non ha dimenticato il suo debutto da attore nella Compagnia teatrale di Max Cavallari.
«La commedia era “Maneggi per maritare una figlia”, cavallo di battaglia di Gilberto Govi. Quelli con Max e con Fabio Corradi sono stati alcuni dei miei incontri fortunati».
E tra i big nazionali?
«Uno su tutti, Lino Banfi. L’ho conosciuto sul set di “Un posto tranquillo”, ero tra gli assistenti alla regia. Ci siamo ritrovati per “Un medico in famiglia”. Quando mi ha visto, mi ha chiamato per nome, lo ricordava, erano passati dieci anni. Attento al lavoro come alle persone, un grande».
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