TRAGEDIA ALLA LAMINA
Risarcite le famiglie Barbieri
Il forno in cui morirono i due fratelli - uno dei quali abitava a Busto - era difettoso

L’udienza preliminare a carico di Roberto Sammarchi, legale rappresentante della Lamina, l’azienda metallurgica milanese in cui persero la vita quattro lavoratori il 16 gennaio scorso, non è stata ancora fissata. Tuttavia, il datore di lavoro, nei confronti del quale i pm milanesi Letizia Mocciaro e Gaetano Ruta sono pronti a chiedere il rinvio a giudizio per omicidio colposo plurimo con l’aggravante di aver commesso il fatto in violazione della normativa in materia di sicurezza sul lavoro, ha già provveduto a risarcire tre delle quattro vittime con altrettanti accordi extragiudiziali.
Tra i destinatari delle transazioni (sul cui importo vige un evidente accordo di riservatezza) vi sono anche gli eredi dei due fratelli Arrigo e Giancarlo Barbieri, entrambi dipendenti della Lamina, il primo dei quali, 57 anni, originario di Muggiò ma residente da anni a Busto Arsizio.
A quel che è dato sapere, il patron della Lamina- Laminatoi Milanesi Nastri Spa di via Rho 9 a Milano (peraltro indagata come società in base alla legge 231 del 2001 sulla responsabilità amministrativa degli enti i cui modelli organizzativi non abbiano prevenuto reati commessi dai vertici nell’interesse aziendale), è in fase di trattativa anche per raggiungere un accordo di risarcimento con i familiari della quarta vittima, e cioè l’elettricista Marco Santamaria, lavoratore dell’azienda esterna di manutenzione elettrica Saema Impianti.
Secondo le perizie della Procura del capoluogo lombardo, la Lamina non si sarebbe attenuta agli «standard di sicurezza necessari previsti dalla legge», procurandosi così «un vantaggio patrimoniale rappresentato dal risparmio di spesa». Il forno statico a campana utilizzato per la lavorazione delle lamine metalline ad alte temperature e collocato in una fossa ad hoc, in cui i lavoratori sono morti soffocati, era difettoso. In particolare, non erano perfettamente funzionanti la centralina e il condotto di erogazione del gas argon, il gas inerte impiegato in diversi settori industriali che è risultato fatale ai lavoratori.
In secondo luogo, c’erano falle nell’organizzazione e nei protocolli di soccorso.
Nella ricostruzione degli inquirenti, il primo a entrare nella fossa del forno il 16 gennaio di quest’anno fu Santamaria, lì presente per eseguire una manutenzione sulla centralina elettrica. Poco dopo fu seguito da Arrigo Barbieri e poi da suo fratello Giancarlo.
Quest’ultimo, vedendo il fratello e Santamaria privi di sensi e riversi sul fondo del forno, lanciò l’allarme e, nel tentativo di prestare soccorso, svenne pochi secondi dopo sul corpo del fratello. Il quarto operaio, Giuseppe Setzu, provò ad aiutare i colleghi, ma perse anche lui i sensi a metà della scala che conduce sul fondo.
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