IL PROCESSO
Induno, party con droga dello stupro
Ragazza in coma, valtellinese vuole patteggiare. Ma il pm dice no

È accusato di aver fatto finire in coma una ragazza di diciassette anni. Come? Versandole nel drink che stava bevendo, durante una festa privata in una villa di Induno Olona, alcune gocce di Gbl (gamma-butirrolattone), meglio nota come «rape drug», cioè la «droga dello stupro».
Quando i poliziotti perquisirono la casa del ventisettenne della provincia di Sondrio, quasi tre anni fa, trovarono infatti nella sua camera da letto uno scatolone con dieci flaconi da un litro l’uno della sostanza proibita, oltre al materiale utilizzato per la somministrazione.
L’accusa
Per questo adesso Francesco G. è sotto processo in Tribunale a Varese per il reato di «stato di incapacità procurato mediante violenza», che punisce «chiunque, mediante suggestione ipnotica o in veglia, o mediante somministrazione di sostanze alcooliche o stupefacenti, pone una persona, senza il consenso di lei, in stato d’incapacità d’intendere o di volere».
L’uomo deve rispondere anche di cessione di sostanze stupefacenti, peraltro a una minorenne.
La difesa
Davanti al collegio, il suo difensore, l’avvocato Camilla Paruccini, ha chiesto il patteggiamento a un anno e dieci mesi di reclusione, con la sospensione condizionale della pena. Pena non accordata dal gup in sede di udienza preliminare, a luglio dello scorso anno, e respinta anche all’apertura del dibattimento dal pubblico ministero Valeria Anna Zini, disponibile a valutare un’applicazione della pena su richiesta delle parti soltanto se alla giovane vittima sarà assicurato un «risarcimento congruo». La somma di mille euro già versata dall’imputato, infatti, non è stata ritenuta sufficiente né dalla Procura, né dal legale di parte civile, l’avvocato Andrea Giancristofaro. Tutto rimandato a febbraio, quindi, per dar tempo al difensore di valutare un aumento dell’indennizzo.
La festa incriminata
Per fortuna, durante la festa del 24 marzo 2019 non fu denunciato alcun abuso sessuale, ma a interrompere il party fu l’arrivo della polizia (che trovò comunque quattro coppiette appartate in altrettante stanze in atteggiamenti inequivocabili). Un party con una sessantina di ragazzi, tra cui dieci minorenni. A far scattare l’intervento della Squadra Volante fu la segnalazione dei medici del Pronto soccorso di Varese dove erano arrivate due ragazzine che stavano male per l’assunzione di droga. Una, in particolare, era in coma. Gli agenti si precipitarono nella villa dove, stando ad alcun testimoni, qualcuno aveva versato nei bicchieri del liquido trasparente, utilizzando una siringa senza ago. Incrociando i vari racconti, i poliziotti arrivarono a identificare Francesco G. come colui che fece cadere alcune gocce di Gbl nel bicchiere della ragazza, provocandole uno «stato di incoscienza transitorio». La giovane, entrata in ospedale in coma, dopo aver perso i sensi era anche caduta e si era ferita alla testa.
La droga dello stupro, oltre che a casa del valtellinese, fu trovata anche nella sua auto e nella lavanderia della villa della festa.
A casa dell’imputato trovati dieci flaconi
della sostanza versata
nel bicchiere
della minorenne
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