IL CASO
Insultò il Presidente: «La fine di Piersanti»
Non luogo a procedere nei confronti di una donna bustese per un violento post sui social all’epoca della pandemia

«Vaccinarsi è un dovere civico e morale», disse il presidente della Repubblica Sergio Mattarella a settembre 2021, in epoca di covid virulento, ammonendo sui rischi collettivi che le posizioni dei no vax avrebbero potuto comportare. Si attirò molte critiche, venne contestato, qualcuno lo insultò. Ma sempre restando nel perimetro della libertà di pensiero e di espressione.
La donna finita a processo davanti al gup Piera Bossi, riversando il suo livore sui social network, si spinse però troppo in là. «Vaffa... Mattarella, dovresti essere il garante dei diritti costituzionali e invece favorisci lo sterminio di massa. Vuoi fare la fine di tuo fratello?».
Sono pochi quelli che non conoscono la storia di Piersanti Mattarella, ma per quei pochi e per contestualizzare la vicenda processuale, vale la pena ricordarla: presidente della Regione Siciliana, venne ammazzato a quarantacinque anni il 6 gennaio del 1980 a Palermo (foto: © Franco Zecchin), mentre con la famiglia stava andando alla messa dell’epifania. Sergio fu il primo ad accorrere, la foto che lo ritrae con il fratello esanime tra le braccia è tra quelle immortali.
Per quell’omicidio vennero condannati all’ergastolo i vertici di Cosa Nostra. Evocare, quasi prefigurare, quella tragedia, non fu per nulla elegante, per non dire che fosse al limite della minaccia. Il post della bustese venne notato dalla Digos di Palermo che avviò gli accertamenti e risalì all’identità della donna. Gli atti passarono alla procura di Busto Arsizio per competenza territoriale, perché è in un paesino dei dintorni che vive l’imputata. La procura emise un decreto penale di condanna, al quale l’avvocato si oppose: mancava infatti l’autorizzazione del ministro della Giustizia, senza la quale non si può instaurare un processo che coinvolga il capo di Stato. Avrebbe dovuto chiederla il pm. Il gup ha quindi dato ragione alla difesa.
La donna, che ha partecipato all’udienza, ha cercato di giustificarsi dicendo di non essere stata lei l’autrice del commento. Il giudice non le ha neppure lasciato finire la frase: il non luogo a procedere ha evitato alla donna una ciclonata da annali.
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