IL SOPRALLUOGO
Ispra-1, addio al reattore che ha scritto la storia
È stato il primo costruito in Italia. Procede la fase 1 di dismissione dell’impianto nucleare ad opera di Sogin
La porta arancione si apre con un sibilo girando una grossa ruota metallica, uno stretto corridoio dalle pareti un po’ scrostate nel quale rimbombano i passi fa avanzare in fila indiana, poi un’altra porta spessa e robusta si schiude su un luogo “congelato” da più di cinquant’anni. E da lì che inizia il viaggio che abbiamo fatto, un viaggio a ritroso nel tempo alla scoperta del reattore nucleare di Ispra che si vuol far conoscere meglio prima di essere completamente smantellato. Sì, perché l’impianto inaugurato nel 1959, operativo fino al 1973 e mantenuto in uno stato di conservazione e di sicurezza da allora, adesso verrà bonificato e dismesso.
IL PRIMO IN ITALIA
«Il reattore Ispra-1, questo il suo nome, è stato il primo reattore nucleare realizzato in Italia presso quello che all’epoca era il Centro di studi nucleari di Ispra e che ora si è trasformato nel più grande Centro di Ricerca della Comunità Europea, il Ccr», spiega Paolo Capoferro, ingegnere e responsabile della dismissione del reattore Ispra-1 per Sogin, la società pubblica del Ministero dell’Economia e delle Finanze che è incaricata del decommissioning degli impianti nucleari e della gestione dei rifiuti radioattivi del nostro Paese. «Questa struttura era stata realizzata per sviluppare attività di ricerca in campo nucleare: dagli studi della fisica del nocciolo all’individuazione dei materiali più adatti alla costruzione delle centrali, dall’analisi dei flussi neutronici e la loro interazione con la materia all’addestramento del personale».
IL SET DI UN FILM
Abituati alla veloce scienza moderna - fatta di led, schermi pieghevoli e ogni genere di aggeggio tecnologico che sembra arrivare dal futuro - nel visitare il reattore Ispra-1 si ha la sensazione di trovarsi in un set di un film sulla Guerra Fredda: pannelli con grosse valvole che si giravano a mano, strumentazioni manuali, ruote dentate per mettere in funzione le apparecchiature, cartelli di cosa si dovesse fare in caso di sirena scritti solo in italiano. Un luogo affascinante, testimonianza di ricerca scientifica, di eccellenza del territorio anche allora, e sapere che non ne resterà nulla un po’ dispiace.
DALLA FASE 1 ALLA FASE 3
Ma ormai il processo di smantellamento è iniziato: siamo infatti nella fase 1 del decommissioning. «La dismissione è organizzata in tre fasi che procederanno dall’esterno all’interno del sito, come una cipolla», racconta Capoferro mentre giriamo attorno alla struttura che racchiude il cuore radioattivo del reattore. «La prima fase è iniziata nel 2019, è tutt’ora in corso e terminerà nel 2028: abbiamo dovuto conoscere ogni aspetto di Ispra-1, analizzare dati, anatomia del fabbricato in un lungo processo di pianificazione per poter svolgere in sicurezza lo smantellamento dell’impianto e la gestione dei materiali che ne derivano. In questa fase è stata svuotata la piscina del combustibile: 190 metri cubi di acqua contaminata sono stati filtrati così da ridurre il contenuto radiologico sotto i limiti di rilascio fissati dalla normativa italiana, una fra le più stringenti al mondo». Ora dell’acqua della piscina non resta che una spanna mentre quella depurata e trattata è stata immessa nell’ambiente. Anche parte del camino, un lungo cilindro di metallo, è stato smantellato e il materiale riciclato, alcuni edifici demoliti e i rifiuti radioattivi a bassa intensità “impacchettati” e stoccati nei fusti metallici che si vedono girando per la struttura e contraddistinti dal famoso simbolo del rischio nucleare giallo e nero.
DEPOSITO DELLE SCORIE
«Quando sarà pronto il Deposito Nazionale questi materiali finiranno lì così come tutti gli altri rifiuti radioattivi a bassa e media attività che verranno prodotti nella fase 2, quando cioè arriveremo al cuore del reattore», illustra l’ingegnere e lo sguardo va verso l’involucro verde chiaro all’interno del quale avveniva la fissione nucleare. «Questa fase è la più complessa e delicata, e contiamo di portare a termine tutte le operazioni per la fine del prossimo decennio. Poi la fase 3, quella conclusiva di restituzione del sito alla collettività che durerà circa un anno». E dopo? Il reattore di Ispra, un luogo che ha sempre suscitato negli abitanti del territorio un po’ di timore e tanta curiosità, non esisterà più.
Il servizio completo sulla Prealpina di venerdì 25 ottobre, in edicola e disponibile anche in edizione digitale.
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