IL RAGGIRO
La doppia truffa del Rolex
L’orologio pagato con 3 assegni circolari falsificati e la chiamata di verifica a Salerno intercettata e deviata da un complice

Un Rolex d’oro degli anni Sessanta, del valore di circa 15.000 euro. Tre assegni circolari falsificati. E una linea telefonica deviata.
Sono gli ingredienti di una truffa che è stata messa a segno a Varese qualche settimana fa, dentro i locali di una banca del centro, ai danni di un sessantaquattrenne, A.S., che abita alle porte della città e ha subito denunciato in Questura l’accaduto.
Il Rolex è sparito nel nulla, ma il truffatore, che era venuto a Varese con documenti falsi, è stato arrestato qualche giorno dopo, mentre tentava un altro “bidone” in centro Italia. A prescindere dall’esito del procedimento penale a suo carico, la vittima ritiene che ci sia comunque una responsabilità della sua banca nell’accaduto dal punto di vista civilistico e si prepara a fare causa all’istituto di credito per il risarcimento del danno subito, con l’assistenza dell’avvocato Roberto Pepe.
Per quale motivo? Per le modalità, davvero incredibili e inedite per Varese, della truffa.
Tutto comincia quando A.S. decide di mettere in vendita il Rolex ereditato dal padre: un Oyster Perpetual Day Date.
All’annuncio, su Subito.it, risponde un sacco di gente e alla fine A.S. decide di vendere l’orologio a tale Antonio Apicella, cinquantenne di Cassino, in provincia di Frosinone, che si dice disposto a pagarlo 15.500 euro, consegnando a mano 500 euro in contanti insieme a tre assegni circolari da 5.000 euro ciascuno.
Dopo qualche giorno - è un martedì - l’incontro tra A.S., accompagnato dalla sorella, e Apicella - barba, viso butterato e bastone - avviene dentro una banca nel centro di Varese, registrato dalle telecamere di videosorveglianza.
I 500 euro passano di mano e per quanto riguarda gli assegni circolari, apparentemente “autentici”, compilati al computer e apparentemente emessi dalla filiale di un altro istituto di credito in provincia di Salerno, la banca di A.S. procede in quel momento a un controllo telefonico: davanti ad A.S. e alla sorella un’impiegata chiama la filiale “emettitrice”, parla con tale De Luca e ottiene conferma del fatto che i tre assegni circolari sono regolari e “coperti”.
Il venerdì seguente la brutta sorpresa. Dei 15.000 euro sul conto di A.S. non c’è nemmeno l’ombra. Gli assegni risultano “impagati” perché “falsi-contraffatti- clonati”, comunica la banca salernitana (quasi certamente erano stati rubati “in bianco”).
Antonio Apicella di Cassino non esiste, i documenti che ha mostrato a Varese sono falsi e il suo cellulare è intestato a un extracomunitario.
A.S. denuncia la truffa in Questura e indaga anche per conto suo. Scopre così che nella filiale salernitana dell’altra banca non esiste nessun De Luca (ma di lui nel corso dell’anno sono state chieste notizie altre tre volte).
«Certezze non ce ne sono - racconta A.S. - ma l’unica spiegazione possibile è che la telefonata da Varese a Salerno sia stata intercettata e deviata e che abbia risposto in realtà un complice di Apicella che aveva manomesso una centralina telefonica nella stessa zona di Varese. Quando l’impiegata ha chiamato Salerno, Apicella aveva un telefonino in mano e forse ha mandato in questo modo un segnale al complice. Dopo aver scoperto tutto l’ho naturalmente chiamato e mi ha risposto così: “Li hai presi i 500 euro? Fai conto che hai fatto un regalo a me e non mi chiamare più».
La banca varesina si è già detta estranea alla truffa e ha respinto la richiesta di risarcimento di A.S., ma la battaglia legale è appena iniziata.
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