L’OPERA
Altare della discordia: i segreti
Polemiche social dopo l’inaugurazione: si apre il dibattito. E l’artista spiega la sua scelta

Il nuovo altare, realizzato da Claudio Parmiggiani e consacrato domenica da monsignor Mario Delpini continua a far parlare di sé.
Infatti, dopo le prime immagini postate in tempo (quasi) reale sui social cittadini e non solo, è stato un susseguirsi di commenti.
LE CRITICHE
«Una reazione ci doveva essere, ce l’aspettavamo questa è un’opera che non lascia indifferenti», afferma monsignor Ivano Valagussa che ha seguito da vicino i lavori anche come membro della commissione per la realizzazione dell’altare. È lo stesso Valagussa a svelare come, dopo la messa di domenica 11 novembre, in molti si siano avvicinati per vedere da vicino l’altare e capire l’opera.
«Serve una chiave di lettura, una spiegazione per comprendere il perché di questa scelta», interviene don Riccardo Festa attuale prevosto di Gallarate.
«Dopo aver ascoltato una breve spiegazione, hanno capito e apprezzato la scelta stilistica dell’artista».
Un pensiero condiviso anche dal direttore dei lavori Paolo Gasparoli.
«Se invece che reagire d’istinto, si venisse qui per vedere di persona i volti e scoprire le storie che si celano dietro ognuna di loro, si vedrebbe l’altare sotto un’altra luce».
DETTAGLI NASCOSTI
Proprio scrutando da vicino il lavoro eseguito da Parmiggiani, ci si rende conto dell’accuratezza dei dettagli e del lineamenti, della ricercatezza dei colori e dei materiali sia per l’altare (in onice bianco dell’Iran) che per l’ambone (in labradorite del Madagascar).
È lo stesso Parmiggiani a spiegare come «il nuovo altare si riassume in una mensa derivante dalla giustapposizione di due luminose lastre marmoree sovrapposte (quella superiore pesa più di una tonnellata) che trattengono e proteggono, quasi come un materno pellicano, una moltitudine di teste di antichi, reliquie ed emblemi di una sacralità, di una umanità, di una totalità».
Per la precisione, sono 120 i volti, tra cui quello della Venere di Milo, l’Apollo del Belvedere, la Elena del Canova e la Madonna della Pietà di Michelangelo che compongono l’altare. Come evidenziato dalla direttrice del Maga e membro della commissione per il restauro Emma Zanella: «Se ci si sofferma a osservare l’interno della basilica, ci si rende conto che lungo il fregio ci sono 69 medaglioni riproducenti santi e martiri, un elemento che non è sfuggito a Parmiggiani che anzi è stato uno dei punti di partenza per realizzare l’opera, ha usato la storia e l’ha resa attuale».
Anche l’ambone nasconde piccoli dettagli che, a una prima occhiata, possono passare inosservati come per esempio quei pochi centimetri che scavalcano la fine del pulpito o il materiale scelto, che spicca per i suoi riflessi metallici e per la sua luce interiore.
DA VEDERE
«Questo è stato un progetto culturale importante per la città perché è opera contemporanea inserita in luogo sacro che cattura per la sua particolarità», interviene l’assessore alla cultura Isabella Peroni, «è una scelta forte ma, prima di tutto, deve essere vista non ci si può basare solo su una foto sui social».
Un invito ribadito anche da Monsignor Valagussa.
«Questo - spiega - è stato un restauro reso possibile anche grazie ai piccoli gesti di tutte le persone coinvolte perché la basilica è davvero parte di te, come recita lo slogan che ha accompagnato i lavori».
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