VIA GATTIROLO
Frana killer, è battaglia sul risarcimento
Il Comune di Laveno, condannato a pagare, ricorre in appello

Frana killer di Cerro: il Comune non ci sta a pagare.
L’amministrazione municipale ha infatti deciso di presentare ricorso alla Corte d’appello di Milano contro la sentenza del Tribunale civile di Varese che, nella causa intentata dai familiari delle vittime della tragedia del 15 novembre 2014 (Giorgio Levati, 73 anni, e la sua nipote acquisita, Adriana De Pena Moya, di 16, morti nella loro villetta di via Reno), ha assegnato loro un risarcimento di quasi 825.000 euro, somma che dovrà essere versata dal Comune (al 75%, quindi circa 620mila euro) e dal proprietario del terreno interessato dallo smottamento (al 25%, cioè i restanti 205mila).
Una sentenza, quella depositata a marzo dal giudice Giulia Tagliapietra, che esclude ogni responsabilità di altri enti, tra cui la Provincia. Ente che viene invece chiamato in causa, assieme ad altri, proprio dal municipio lavenese, convinto di non aver avuto alcun ruolo nella «causazione dell’evento dannoso».
L’IMPUGNAZIONE
Da qui l’impugnazione davanti ai giudici di secondo grado e, quindi, la decisione di Villa Recalcati di costituirsi in giudizio, rilevando tra l’altro - come già fatto nella prima causa - «il difetto di legittimazione passiva dell’amministrazione e l’assenza di qualsiasi rapporto eziologico tra l’evento dannoso e le funzioni amministrative esercitate dalla Provincia di Varese in sede di pianificazione territoriale».
Al momento, invece, il proprietario del terreno non ha depositato il ricorso.
IN SEDE PENALE
Insomma, la battaglia legale, almeno in sede civile, non è ancora finita. E, a quanto pare, anche sul fronte penale la vicenda non è chiusa: nel 2016 la Procura ha chiesto l’archiviazione del fascicolo sulla base di una perizia geologica che escludeva responsabilità da parte di enti pubblici e soggetti privati, poi i legali dei parenti dei morti (gli avvocati Luca Marsico, Andrea Boni ed Enzo Cosentino) hanno presentato opposizione, e il gip ha ordinato nuove indagini, che però non sarebbero ancora state chiuse.
Il giudice civile ha invece disposto una consulenza tecnica che ha ricostruito gli smottamenti avvenuti nella zona di via Reno e via Gattirolo dal 1987 al 2014, descrivendola come «area in dissesto stabilizzata». Comune e proprietà, chiamati in causa dai familiari delle vittime, hanno a loro volta puntato di dito contro altri enti - come Governo, Regione, Provincia e Autorità di Bacino - la cui responsabilità è stata però esclusa dal magistrato. Che ha invece individuato un «profilo di colpa in capo» sia al privato, sia al Comune che avrebbe dovuto garantire la salvaguardia dello stato dei luoghi. Questioni che saranno nuovamente affrontate dalla Corte d’appello (la prima udienza è in calendario a settembre), davanti alla quale l’amministrazione del sindaco Luca Santagostino, oltre a chiedere la sospensiva del pagamento, ribadirà le proprie tesi. Chiederà cioè il coinvolgimento degli altri enti - tra cui il Ministero, poiché l’allora sindaco agì in materia esercitando le funzioni in qualità di ufficiale di governo - e ribadirà l’impossibilità per il Comune di intervenire su un’area non pubblica in sostituzione del privato.
Adriana e il nonno Giorgio stavano dormendo nelle loro stanze sul retro della villetta quando, attorno alle 23.30, una colata di fango si staccò dalla collina sovrastante, a causa delle forti piogge in un periodo in cui il maltempo colpiva tutto il Nord Italia. La frana raggiunse la casa, provocando un crollo. Il pensionato e la nipote morirono sotto le macerie. Erano presenti nella villetta anche la moglie di Giorgio, il figlio e la sua compagna dominicana, la madre di Adriana, che riuscirono a salvarsi perché si trovavano in un’altra parte dell’abitazione.
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