L’INTERVENTO
«Le università sono un patrimonio»
Il territorio, però, non le valorizza. Grassi (Confindustria) e Comerio (Liuc): «Basta mugugni da orticello»

Egregio Direttore, abbiamo letto con estremo interesse il suo editoriale di domenica 17 novembre su “La rivoluzione dolce passa dalle università”. Come rappresentanti di quel mondo che oltre trent’anni fa, con la fondazione dell’Università LIUC, si rese artefice del più importante investimento mai fatto in Italia da una comunità locale di imprenditori sull’alta formazione non possiamo che essere d’accordo. Così come, purtroppo, ci riconosciamo nelle sue parole, sempre in qualità di protagonisti di quell’investimento su cui continuiamo a credere e su cui siamo pronti a rilanciare, quando scrive che «non sempre la nostra provincia ha accolto bene» le sue due istituzioni universitarie.L’Università LIUC e l’Università dell’Insubria sono un patrimonio culturale, economico e sociale inestimabile. E mettiamo la parola cultura prima degli altri due elementi non a caso. Incomprensibilmente, però, così non vengono vissute e valorizzate da tutto il territorio. Ed è qui, non altrove, che sta uno dei più grandi problemi nella costruzione del futuro del Varesotto.
Visioni di corto respiro
Il rischio di declino del nostro territorio si cela nelle visioni di corto respiro. Nell’assecondare i mugugni di chi pensa al proprio ristretto orticello per inseguire un consenso immediato. Senza comprendere, invece, che è nell’intesse generale incubare in questi luoghi di conoscenza le politiche di sviluppo delle nostre comunità, che dovrebbero attingere a piene mani dal sapere dei nostri atenei, dei loro ricercatori, dei loro laboratori di studio (non solo tecnologico o economico, ma anche sociale e ambientale).
Facciamo quadrato
Cosa rappresenterebbe oggi la provincia del Varesotto senza i suoi due atenei? Non ci riferiamo ai semplici e soli impatti economici, a livello di indotto e di posti di lavoro, che creano queste due realtà (peraltro già misurati scientificamente con dati verificati). Il quesito che vogliamo porre, con questo nostro intervento, è stavolta più elevato e allo stesso tempo diretto: veramente qualcuno può pensare che saremmo un territorio migliore, dalla qualità della vita più alta, senza quell’ecosistema accademico che in questi anni abbiamo saputo costruire con lungimiranza, tanti sacrifici e l’impegno di diversi attori politici, amministrativi e imprenditoriali? Se qualcuno rispondendo a queste domanda è disposto pubblicamente ad affermare che saremmo un’area più prospera, più attrattiva, più ricca (economicamente e culturalmente) ne argomenti i motivi. Altrimenti, se siamo tutti d’accordo, agiamo di conseguenza e facciamo quadrato nell’elevare entrambe le nostre Università a perno del nostro sviluppo.
Elemento distintivo
Viviamo, come diversi esperti hanno più volte sottolineato, nell’era e nella società della conoscenza. La nostra è un’economia delle competenze. La sfida che ogni territorio ha davanti a sé è di essere attrattivo nei confronti di giovani talenti, lungimiranti startupper, talentuosi ricercatori. È questa la partita che si gioca oggi sul campo della competitività e del benessere sociale. L’accesso al sapere è elemento chiave. E la nostra provincia ha un vantaggio competitivo che non può farsi sfuggire per mancanza di visione. Siamo un territorio di 1.200 chilometri quadrati e poco meno di 881mila abitanti, eppure abbiamo ben due Università. Trasformiamo questo punto di forza nell’elemento distintivo della provincia di Varese, da anni alla ricerca di nuove vocazioni.
Il capitale umano
In uno dei più importanti libri di economia degli ultimi anni intitolato “La nuova geografia del lavoro”, il professore Enrico Moretti scrive, riferendosi alla Silicon Valley: «L’ingrediente chiave qui è il capitale umano, e dunque, istruzione, creatività e inventiva». Il modello di riferimento è chiaro. Le Università permettono di dotarci di quegli strumenti di conoscenza necessari per non considerare il presente una dimensione immutabile del nostro stato dell’arte. Ci possono indicare la strada verso percorsi di innovazione sociale, oltre che tecnologica. Sono leve di realizzazione non solo personale, ma di territorio e a livello di comunità. Crogiolarsi nei ricordi del passato (come se i suoi successi non fossero più per Varese replicabili), o nelle deboli certezze del presente, porta al declino. Non possiamo permettercelo.
La capacità di visione
Non possiamo ridurre i nostri dibattiti su LIUC e Insubria a livello di andamento dei prezzi degli affitti, di costruzioni di rotonde o parcheggi, o di sensi alternati di marcia. L’aspetto urbanistico è certamente importante per creare convivenza e senso di appartenenza ai luoghi e, anche qui Direttore, condividiamo con lei sull’esigenza di porre al centro della vita sociale delle nostre città gli studenti. Perché, diciamocela tutta, Varese e Castellanza “città universitarie” lo sono sulla carta, ma non nello spirito. Ma non è solo questione di Pgt. È capacità di visione.
Conoscenza e verità
In un suo famoso discorso il Presidente J. F. Kennedy, citando a sua volta il poeta inglese John Masefield, disse: «Sulla terra, poche cose sono più belle di un'università». Il riferimento, ovviamente, non era architettonico, ma al fatto che l’Università è «un luogo dove coloro che detestano l'ignoranza possono impegnarsi per conoscere e coloro che percepiscono la verità possono lavorare per renderla visibile anche agli altri».
La nostra responsabilità
Come industriali coltiviamo progetti ambiziosi per la nostra Università perché ambizioso è il disegno che abbiamo per il nostro territorio. Speriamo che tutti aprano gli occhi sul patrimonio che abbiamo a disposizione. La nostra collaborazione sarà massima e abbiamo, come nostra natura, grandi sentimenti di ottimismo, spinti anche dalla nomina delle nuove rettrici, Anna Gervasoni e Maria Pierro, a cui fin da ora dichiariamo la nostra massima disponibilità a creare progetti insieme. Ben sapendo che le Università, per loro stessa natura, non hanno confini, sono spazi aperti in grado di irradiare conoscenza e costruire nuove competenze a vantaggio di comunità allargate. LIUC e Insubria sono un patrimonio non solo per Varese, ma anche per Milano, la Lombardia, l’intero Paese. Abbiamo anche questa responsabilità.
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