IMPRESE
Dazi e conseguenze: ecco come vincere la sfida
L’intervento di Valerio Demolli (Teha): scenario incerto ma l’ecosistema italiano può resistere

L’America First Policy della II amministrazione Trump prevede una politica tariffaria estremamente aggressiva e instabile, che ad oggi ha generato preoccupazione e incertezza. I primi tre mesi mesi della seconda presidenza Trump sono stati contraddistinti da una serie di minacce e accuse roboanti e dall’imposizione di dazi senza precedenti. Il 2 aprile, giornata indicata da Trump come “Liberation day”, Trump ha annunciato nuove aliquote tariffarie per le merci importate da numerosi Paesi, compresi alleati storici come il Canada, il Messico e l’Unione Europea, ma anche territori improbabili come le isole disabitate e coperte all’80% da ghiaccio Heard & McDonald e Jan Mayen. Per l'Unione Europea e l'Italia sono previste tariffe del 20% su tutte le merci, mentre per l’acciaio, l’alluminio e i veicoli, che già subivano una tassazione del 25%, l'aliquota rimane invariata.
AUTOGOL
Ad oggi, la politica tariffaria aggressiva dettata dalla nuova presidenza Trump ha avuto il solo risultato di generare impatti economici negativi negli Stati Uniti stessi e un forte clima di incertezza a livello globale. Nel primo trimestre 2025, il Pil statunitense è infatti diminuito dello 0,3% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Si tratta della prima contrazione dal 2022 ed è in netto contrasto con l'aumento registrato nell'ultimo trimestre 2024 di 2,4%. Inoltre, l’indice S&P 500 ha registrato una flessione di circa il 7% dal 20 gennaio (giorno dell’insediamento di Trump), con un calo del 20% l’8 aprile. A seguito di questi sviluppi negativi sui mercati, i nuovi dazi sono stati sospesi per 90 giorni, sostituiti da un’aliquota universale del 10%, con un’eccezione per le merci provenienti dalla Cina, per le quali è stata mantenuta un’aliquota media del 125%.
FIDUCIA IN PICCHIATA
Non stupisce quindi che, secondo un’indagine condotta da Ipsos, l’approval rate dei primi 100 giorni della presidenza Trump sia del 39%, il livello più basso mai registrato negli ultimi 80 anni. Inoltre, il 64% degli Statunitensi non approva la politica tariffaria di Trump e il 61% non approva la postura internazionale assunta dal Presidente.
LO STUDIO
Alla luce dello scenario economico in rapido e continuo mutamento, Teha ha avviato un osservatorio di approfondimento per prevedere e monitorare i possibili impatti della politica commerciale “America First” dell’Amministrazione Trump sulle strategie competitive delle aziende italiane, dall’automotive all’agroalimentare, dalla moda alla meccanica di precisione, dall’elettronica alla farmaceutica. Il quadro tariffario resta incerto, con continui cambiamenti e revoche, ma se l’aliquota dovesse salire al 20%, gli oneri tariffari per l'Unione Europea supererebbero i 104,4 miliardi di euro all’anno, rispetto ai 5,8 miliardi di euro attuali.
SCENARI POSSIBILI
Nell’attuale scenario, con un’aliquota universale del 10%, il costo per le esportazioni Ue aumenterebbe di 53,8 miliardi di euro. L’Italia, come secondo Paese più colpito in Europa dopo la Germania, subirebbe un incremento delle tariffe compreso tra i 13,9 e i 6,7 miliardi di euro. I settori maggiormente colpiti includono macchinari, prodotti agroalimentari e automotive.In uno scenario estremo e altamente improbabile di completa elasticità della domanda statunitense per i beni italiani, l’incremento di costo causato dai dazi si tradurrebbe in un calo tra 6,7 e 13,9 miliardi di Euro nel valore complessivo delle esportazioni verso gli Stati Uniti, pari all’1% e 2,2% dell’export italiano nel 2024. L’impatto sarebbe quindi moderatamente contenuto e gestibile per l’ecosistema industriale italiano, con la consapevolezza che singole aziende di alcuni settori potranno essere anche pesantemente impattate.
RESILIENZA
In questo scenario di profonda incertezza, è doveroso tenere a mente alcuni elementi incoraggianti che spiegano l’intrinseca resilienza dell’ecosistema esportativo italiano. La struttura delle esportazioni italiane è anelastica: siamo il 21° paese al mondo e 2° in Europa per insostituibilità commerciale dell’export. Le aree geografiche di destinazione sono estremamente diversificate: l’Italia è il 4° paese al mondo e 2° in Europa per eterogeneità geografica delle esportazioni. L’Italia è il paese meno dipendente dalle esportazioni tra tutti i 27 paesi europei, con un rapporto export/pil di 34%, che rende il nostro ecosistema industriale più resiliente nell'affrontare l’impatto di eventuali tariffe statunitensi. Nel contesto attuale, i nostri competitor sono soggetti, nel peggiore dei casi, a un livello di tassazione pari al nostro (per es. Germania e Francia) e, nel migliore dei casi, a tariffe significativamente più elevate (per es. Cina, pari a +125%).
LA STRATEGIA
In un contesto globale incerto e in continua evoluzione, le aziende italiane hanno l'opportunità di dimostrare la loro forza e resilienza. La capacità di adattarsi alle sfide economiche, sfruttando la diversificazione dei mercati, rappresenta una strategia vincente. È fondamentale che le imprese italiane continuino a perseguire l'eccellenza, valorizzando le proprie filiere produttive e contribuendo con la qualità dei propri prodotti a rafforzare la posizione competitiva del nostro Paese nel panorama internazionale.
© Riproduzione Riservata