LA SENTENZA
Condannata la coppia diabolica
Stordirono e derubarono un uomo: lei prende 4 anni, lui tre mesi in più

Gli inquirenti l’avevano definita coppia diabolica e non perché tra loro ci fosse una relazione sentimentale: i due imputati erano partner nelle faccende illecite.
E ieri, mercoledì 29 maggio, Alessandra Faiella e Alberto Tenconi sono stati condannati dal collegio presieduto dal giudice Renata Peragallo a quattro anni e 900 euro di multa lei, a quattro anni e tre mesi più 1.100 euro di multa lui.
Proprio come quanto chiesto dal pubblico ministero Francesca Parola al termine della sua requisitoria.
Il loro avvocato, Andrea Brumana, è già pronto ad affrontare il processo d’appello, «perché i fatti sono andati in modo completamente diverso da come sono stati ricostruiti».
La vicenda per cui i due sono finiti in tribunale risale al primo febbraio del 2018.
Secondo la Procura, la donna, quel giorno, invitò un vecchio amico per un aperitivo, poi decisero di pranzare insieme. Attese che l’uomo andasse alla toilette e versò il sonnifero nel bicchiere di vino bianco.
Tornato al tavolo, lui notò uno strano intorbidimento, sorseggiò e disse «ma che sapore ha?».
«Tranquillo, ti ho messo dentro io il limone della mia grigliata».
Lungi dal porsi domande, l’amico - professione portiere di un albergo - piano piano sprofondò in uno stato di stordimento tale da accettare l’invito di Alessandra Faiella ad andare a casa sua per un pisolino ristoratore.
Sta di fatto che si risvegliò completamente nudo nel letto dell’amica, in stato confusionale.
«Ma è successo qualcosa tra noi?» le chiese.
«Lo scopriremo tra un mese», avrebbe risposto lei. Già, ma intanto il bancomat dell’uomo era sparito. Lo ritrovò poco dopo, vicino al cancello di ingresso dell’abitazione di Faiella.
Insospettito, fece un estratto conto e scoprì l’ammanco di 500 euro.
A parere della Procura, Faiella dette la carta di credito a Tenconi, il quale si occupò materialmente del prelievo di denaro.
Da che cosa scaturì questo convincimento? Semplice, dalla visione dei filmati di videosorveglianza, in cui si stagliava la figura di un soggetto incappucciato che svolgeva le operazioni allo sportello. E nemmeno a farlo apposta, un mese prima, un uomo del tutto corrispondente alle sue fattezze era stato arrestato e processato per direttissima per un episodio perfettamente sovrapponibile.
«La verità è che quel giorno avevamo bevuto tantissimo tutti e due, io poi gli chiesi dei soldi, come già accaduto in passato, e lui mi dette il bancomat che io consegnai a Tenconi», si è sempre giustificata l’imputata.
E l’avvocato Brumana è determinato a dimostrare in secondo grado l’insussistenza di qualsiasi reato a carico dei suoi assistiti.
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