LA PROCURA
«Davano documenti ai terroristi»
Domani gli interrogatori dei sette falsari arrestati, intanto l’indagine si allarga e svela retroscena inquietanti
Da domani, lunedì 14 giugno, prenderanno il via a Milano gli interrogatori di garanzia dei sette arrestati (tre in carcere e quattro ai domiciliari) che, secondo Alberto Nobili, capo del pool antiterrorismo della procura milanese, sono considerati i componenti della banda che ha finito per creare una delle principali reti europee di documenti falsi nascosti a Pogliano Milanese e destinati a terroristi e foreign fighter di tutto il mondo.
La banda smantellata due giorni fa contava sull’anonimato che solo la provincia riesce a dare e ha avuto nel trentacinquenne ceceno di Sangiano Turko Arsimekov, ospite di un amico a Varese e a suo dire ex membro dei servizi di sicurezza del presidente ceceno Ramzan Kadyrov, il suo ponte di collegamento tra Italia e Ucraina.
È ucraino, per esempio, V.S., trentacinquenne domiciliato a Legnano, presunto procacciatore di clienti per la cricca di falsari che nell’ultimo biennio è riuscita ad accumulare 250 mila euro vendendo passaporti, patenti, certificati di nascita e permessi di soggiorno prodotti dalle parti di Kiev e stoccati grazie a una ditta di spedizioni tra la Lombardia e l’Europa dell’Est con sede a Pogliano Milanese, dove altri due corrieri ucraini, anch’essi arrestati ieri, entravano e uscivano manovrati dal vero capo dell’organizzazione, il quarantatreenne loro connazionale Vitalii Zaiats. Ma l’inchiesta «Caucasian Job» sui documenti falsi, che erano sistematicamente pubblicizzati attraverso i social network (grazie a profili in cirillico e video dimostrazioni della qualità dei documenti) e la garanzia «soddisfatti o rimborsati», potrebbe avere altri ulteriori sviluppi.
Non a caso il ceceno di Sangiano, padre di cinque figli, dopo aver patteggiato due anni e otto mesi per il primo sequestro di passaporti falsi che gli era costata il primo arresto nel novembre scorso, ora deve fare i conti con un triplo capo di imputazione: oltre all’associazione per delinquere e al traffico di documenti falsi, risulta indagato in un terzo ulteriore filone di indagine per terrorismo internazionale. Le indagini hanno provato che i falsari avrebbero dovuto fornire una nuova identità a Kujtim Fejzulai, l’austro-macedone di vent’anni autore dell’attentato del 2 novembre 2020 a Vienna nel corso del quale uccise con un fucile mitragliatore quattro persone e ne ferì 23 prima di essere ucciso dalla polizia in un conflitto a fuoco.
Ma non c’era solo lui come potenziale cliente. A detta del capo dell’antiterrorismo all’ombra della Madonnina si è acceso più di un riflettore, da un lato, su una trentina di profili di sospetti fondamentalisti islamici - una quindicina quelli già segnalati come ex combattenti di ritorno dagli ex territori dell’Isis in Siria - considerati i più pericolosi, e dall’altro su un secondo gruppo attivo soprattutto nella zona balcanica e della Turchia. «Mettere in mano documenti validi per l’espatrio a queste persone è come mettere nelle loro mani armi cariche per chi vuole colpire l’Occidente muovendosi da un Paese all’altro d’Europa», ha dichiarato Nobili. Parole che inquietano. E non poco.
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