LA MALASANITÁ
Dimessa, rischia di morire
Donna denuncia: «Il medico non credeva ai miei dolori. Mi hanno salvata a Busto Arsizio»
«Se non fossi andata altrove a verificare le mie condizioni di salute, se non avessi avuto accanto i miei cari, se mi fossi fidata di quel medico del pronto soccorso che mi diceva di andare a casa perché non avevo niente di grave nonostante i dolori lancinanti che provavo, oggi sarei morta».
Anna Mengotti, sessantenne di Samarate, lo dice con un sentimento misto di rabbia e disorientamento.
Racconta la sua storia ora che il peggio è passato, che all’ospedale di Busto l’hanno operata e salvata.
«Adesso sto bene, anche se con 43 punti di sutura sulla pancia, ma se fosse stato per il trattamento ricevuto al pronto soccorso di Legnano, non sarei quei a raccontarlo», dice ancora scossa da una vicenda in cui alla sofferenza e alla paura per la malattia, si è aggiunto «il fatto che sono stata trattata come una rompiscatole, una che la metteva giù dura, che era andata a disturbare per ben due volte gli operatori del presidio medico perché non stava bene».
E Anna legge una morale in questa vicenda.
«Non bisogna mai essere superficiali quando c’è di mezzo la salute delle persone, non è ammissibile la sottovalutazione, non tutti quelli che si presentano in quel luogo potrebbero andare tranquillamente dal loro medico di base perché si tratta di problemi contenuti. Io dal mio medico ci ero anche andata, ma visto che il problema si aggravava ho deciso di chiedere un aiuto in più. A Legnano però ho trovato un dottore che, senza farmi esami adeguati, mi disse “lei non ha niente”. Non discuto le sue capacità professionali, visto che non ha voluto usarle, ma lamento un atteggiamento ingiustificato, trattandomi come una persona arrivata a dar fastidio».
A rendere tutto più amaro c’è «il tentativo fallito di avere successivamente un chiarimento con lui, ma questo signore non mi ha voluta incontrare. Il primario di Chirurgia e i responsabili dell’ufficio relazioni con il pubblico sono stati gentilissimi nei miei confronti, ma io avrei voluto dirgli di persona quello che sono costretta a dire qui».
La vicenda risale a metà ottobre. Anna sta male, va in pronto soccorso, le fanno una lastra e un esame del sangue e la rimandano a casa tranquillizzandola. Il giorno dopo, «piegata dalle fitte sebbene fossi imbottita di medicinali», si ripresenta.
«Lo stesso medico mi accoglie freddo e mi dice: lei cosa fa qui?».
Non le resta che fare la visita gastroenterologa e l’ecografia in una struttura privata, dato che in ospedale si doveva aspettare 25 giorni, e scopre che c’è qualcosa di serio alla base del suo dolore.
È «un polipo all’intestino grosso come un mandarino e in necrosi», operato a Busto d’emergenza.
Ora Anna sta bene, ma il rammarico per come tutto è cominciato non è affatto passato: «Se una persona dice di non star bene, ogni forma di sottovalutazione è inammissibile. E a me poteva costare la vita».
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