IL VOLTO NUOVO
«Giovanni, come mio nonno»
L’attore Lorenzo Cordara entra nella compagnia dei Legnanesi. E si racconta

«Mio nonno si chiamava Giovanni ed era proprio come il Giovanni: forse da qualche parte qualcuno aveva scritto che un giorno avrei interpretato il marito della Teresa».
C’è un volto nuovo tra i Legnanesi, quello di Lorenzo Cordara, scelto personalmente da Antonio Provasio per sostituire Gigi Campisi e indossare dunque i panni del capofamiglia di casa Colombo costretto a difendersi dai frequenti attacchi della moglie e della figlia, la Mabilia.
I primi spettatori a vederlo in azione saranno quelli dell’Auditorio di Cassano Magnago, che ospiterà, come da tradizione, la prima nazionale; poi toccherà a Varese, dove “Non ci resta che ridere“, testo inedito, sarà al Teatro Openjobmetis dal 15 al 24 novembre per un numero di date mai così alto.
È una sfida più grande interpretare il Giovanni o stare in scena 150 sere in un anno?
«Sono entrambe due belle sfide ma faccio ancora fatica a sentirle mie, credo ci voglia un attimo per entrare nella parte. Arrivo da un altro tipo di teatro, quello di ricerca, mi sono formato e sono cresciuto con Quelli di Grock e Scimmie Nude, ma ho sempre seguito con grande attenzione i Legnanesi. Perché mi sono sempre piaciuti e perché la mia e la loro strada si sono già incrociate».
Lei aveva già recitato nella Compagnia?
«Ero uno dei Boys dei Legnanesi di Dante Barlocco e di Angelo Mortarino. Ho 43 anni, parlo dei tempi della commedia “La giostra”, dunque il ricordo è un po’ sfumato ma positivo. Non avrei mai pensato di poterci tornare in questo modo. Non ho neanche bisogno di rispolverare il dialetto, per i miei era la lingua ufficiale».
Come si accosta al nuovo personaggio?
«Spero nel modo migliore possibile. A guidarmi sono tre “c”: cuore, coraggio e curiosità. In realtà ne serve anche una quarta, quella di concentrazione. Alle spalle ho 16 anni di karate dunque sono allenato allo studio e alla disciplina. Voglio bene al Giovanni e voglio bene alla gente, non vedo l’ora di poter meritare di essere ricambiato. Per quanto possa suonare strano, cercherò di recitare senza recitare o almeno senza farlo più di tanto: la forza del Giovanni è la naturalezza».
È vero che ha affiancato Robert De Niro?
«Vero ma in uno spot in Brasile, peraltro rintracciabile in rete; in altre pubblicità mi si vede con Luca Argentero e Max Giusti. Gli spot rappresentano una delle mie attività; la principale resta il teatro, recitato, diretto e insegnato».
Quando ha scoperto il sacro fuoco dell’attore?
«Presto. Mi guadagnavo da vivere come orafo e recitavo. Un giorno da una compagnia teatrale romana è arrivata la proposta di un tour. Avevo 24 anni, tentato ma un po’ spaventato, ho chiesto consiglio a mia madre che mi ha detto “Fallo, se non lo fai ora, te ne pentirai. Provaci e, se poi si rivelerà uno sbaglio, sappi che questo è un errore che noi possiamo facilmente perdonare”. In giro per l’Italia ho avuto la conferma che quello era ciò che volevo fare nella vita, ho lasciato il posto da orafo e puntato ad approfondire la mia materia preferita e a specializzarmi. Mi sono laureato in Beni Culturali con indirizzo cinema, musica e spettacolo, insegno agli adulti come ai bambini e, quando riconosco in qualcuno degli allievi le tre “c” che dicevo, sono felice».
Non le dispiace accantonare il teatro di ricerca?
«Non rinnego nulla e non penso sia un addio ma, dopo un po’ che fai il teatro di ricerca, ti chiedi cosa ricerchi. Per un po’ avrò le idee più chiare: il mio compito è cercare di essere un Giovanni credibile e di fare ridere la gente».
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