IL CASO
Pedofilia, assolto dalla Chiesa
Don Mauro Galli prosciolto dal Tribunale ecclesiastico: in sede penale era stato condannato a sei anni

«La sua è stata una gravissima leggerezza, un atteggiamento gravemente imprudente. Rilevante per il diritto canonico e anche dal punto di vista etico e morale, ma vi posso assicurare che non c’è davvero nulla di penalmente rilevante».
In questi termini aveva parlato l’avvocato Mario Zanchetti durante l’arringa difensiva del processo penale di primo grado a carico di don Mauro Galli, cinquantenne sacerdote di Cislago, per alcuni mesi nel 2012 responsabile della pastorale giovanile alla chiesa di San Pietro in Canazza prima di essere rimosso perché inseguito dall’accusa di aver abusato sessualmente nel dicembre di dieci anni fa di un quindicenne mentre esercitava nella parrocchia di Sant’Ambrogio a Rozzano.
I fatti dicono che le affermazioni del legale sono state (quantomeno per il momento) doppiamente smentite. Primo, perché sul fronte penale, in primo grado, il Tribunale di Milano ha condannato il sacerdote, che era al suo primo incarico, a sei anni e quattro mesi di reclusione per violenza sessuale su minore. Secondo, perché il processo dinanzi al Tribunale Ecclesiastico Regionale Lombardo si è concluso con una sentenza dimissoria nei confronti di don Mauro. Una formula, propria del diritto canonico, in base alla quale il sacerdote è stato assolto per insufficienza di prove.
Niente è dato a sapersi né sugli atti del processo né sulle motivazioni del procedimento svoltosi negli uffici di largo Fontana a Milano. Nella lettera con la quale il Tribunale ecclesiastico in composizione collegiale (con giudici che non fanno parte della Diocesi di Milano) ha comunicato la decisione al diretto interessato, oggi venticinquenne, si oppone il segreto d’ufficio. Aldilà dell’incongruenza tra la sentenza penale (di condanna) e quella ecclesiastica (di fatto assolutoria), potrebbe lasciare perplessa anche la scelta di non trasparenza della Chiesa nonostante si sia al cospetto di un caso di pedofilia.
Un caso che all’epoca dei fatti l’allora vicario episcopale (e oggi arcivescovo di Milano) Mario Delpini, e l’allora responsabile dei giovani sacerdoti (e ora vescovo di Brescia), Pier Augusto Tremolada, non aprirono alcun procedimento limitandosi a trasferire il sacerdote a Legnano. Un trasferimento, decisamente poco opportuno alla luce del grave precedente, avvenuto in tutta fretta e sulle cui ragioni le autorità religiose della parrocchia legnanese sarebbero state tenute all’oscuro.
La via del silenzio adottata dai giudici ecclesiastici? È vero che c’è stata l’abolizione del segreto pontificio per delitti canonici del tipo di quello trattato nel processo che riguarda don Galli: ma altrettanto vero che l’abolizione è stata decisa da papa Francesco con una disposizione risalente al 2019, e che, codice canonico alla mano, non ha effetto retroattivo. Salvo che ciò non sia disposto espressamente. Ma non è questo il nostro caso. A quel che è dato sapere, la fase processuale in essere è quella del grado di giudizio di appello davanti alla Congregazione per la Dottrina della Fede in Vaticano. Che cosa sia stato deciso al momento, è top secret.
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