DOPO IL PALIO
«Vi spiego il mio Albertone»
Federico Vismara-Da Giussano replica alle critiche: «Non rischio l’incolumità di cavalli e cavalieri»

Carismatico, appassionato e soprattutto gentiluomo. L’Alberto da Giussano per il Palio 2019 è stato impersonato da Federico Vismara, che arrivato a Legnano grazie a Riccardo Croce ha guidato la carica della Compagnia della Morte.
Uno stile nuovo, il suo, per certi versi rivoluzionario. Che forse non è stato abbastanza apprezzato da chi si aspettava un impatto più marziale e scenografico.
Prima di Vismara a vestire i panni di Alberto da Giussano a Legnano sono arrivati dei veri e propri mostri sacri: Pasquale Beretta prima e Fulvio Mazzoleni, poi, sono diventati un punto di riferimento.
Vismara, che ama e lavora con cavalli iberici, li ha inevitabilmente presi come maestri. Ma con loro non ha però potuto confrontarsi, perché dal Comune è giunto il diktat di mantenere stretto riserbo sull’incarico.
Vismara, cosa si prova a interpretare l’Alberto da Giussano?
«Una grandissima emozione, unica. Ho lavorato nei mesi precedenti per gestire l’emotività, ma quando è partita la sfilata, guardando la gente ai bordi della strada e sentendo il loro affetto e il loro entusiasmo, mi sono sentito così bene che ho detto: ho vinto! Non avrei mai immaginato di essere così felice e di poter trasmettere così tanto a persone di ogni età».
L’hanno infastidita le critiche?
«Un po’, perché ho sempre detto sin da quando mi è stato proposto questo incarico che al primo posto avrei messo la sicurezza dei cavalli, dei cavalieri e del pubblico. Se ci si aspetta che il mio cavallo “impenni”, come avete scritto, in un punto pericoloso a rischio di scivolare sull’asfalto, io non lo faccio. Volevate uno spettacolo più irruento? Con cavalli che allo stadio corressero “pancia a terra” dopo una sfilata sotto il sole con il caldo e il frastuono di altoparlanti e pubblico rumoroso? Non lo faccio. Non togliamo nulla allo spettacolo, ma i cavalli sono rispettati e ogni cosa si svolge per il meglio. Forse occorre fare un passo in avanti dal punto di vista culturale. Il welfare non deve esserci solo nella corsa, deve esserci in ogni dettaglio».
Ha rinunciato a due redini di sicurezza per cederne una a un cavaliere a cui si era rotto il finimento in sfilata…
«Vero, si è verificato un imprevisto e ho cercato la soluzione più rapida ed efficace possibile».
Lei è un guerriero gentiluomo?
«Amo questo lavoro. Provengo dal mondo dell’horseball, ho portato squadre a gareggiare a livello europeo e mondiale, so cosa significhi fare squadra e la nostra Compagnia della Morte è formata da ottimi cavalieri che hanno lavorato davvero in team. Questo per me è il successo più grande».
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