ATLETICA LEGGERA
Licciardi colto in... fallo
Il mezzofondista arcisatese sorpreso all'antidoping con un pene finto: "Dirò tutta la verità"
L’hanno colto sul fatto, con il pene in mano. Non il suo, ma uno di plastica, dentro al quale era contenuta urina sicura. Al riparo, cioè, dai controlli antidoping.
Il pomeriggio di lunedì 23 settembre è stato reso noto il nome dell’atleta che sabato 21 settembre, a Molfetta, al termine del campionato italiano sui dieci chilometri su strada, ha messo in scena il goffo tentativo di eludere i controlli antidoping. Si tratta di Devis Licciardi, ventisette anni di Brenno di Arcisate. Tesserato per il gruppo sportivo dell’Aeronautica militare, il varesino era reduce da un’annata eccezionale culminata con l’8’30" sui 3000 siepi di Brugnera (7 settembre) e il 13'.59" di Rovereto sui 5.000 (3 settembre).
Un’escalation che l’aveva portato fino in Nazionale dove ha gareggiato nel Decanation di Valence (France). Ora, però, rischia una squalifica dai tre mesi ai due anni.
Chi l’ha visto sabato sera, racconta di un atleta distrutto. Che piangeva dopo essere stato colto in fallo dagli addetti all’antidoping. Alla vigilia del colloquio con il procuratore si dichiara, comunque, «sereno e pronto a dire la verità».
Contattato telefonicamente, il mezzofondista arcisatese non vuole nascondere la verità. Tutt’altro («lo so - dice - sono stato preso con quel coso in mano»).
Proprio per questo intende andare sino in fondo per spiegare «certi buchi» e «certe incompetenze» che aprono giganteschi interrogativi sull’efficacia dell’antidoping. Insomma, Licciardi sarebbe il classico "pesce piccolo" in un mondo dove non tutto è così limpido come sembrerebbe. Per carità, si tratta di un’opinione, il quadro preciso deve essere accertato da chi ha competenza.
Sta di fatto che il varesino afferma con fierezza: «Mi volevano convocare all’inizio di ottobre, sono stato io a chiedere di essere ascoltato al più presto».
Già martedì 24 settembre, dunque, l’atleta sarà sentito dalla Procura antidoping che ha aperto un fascicolo d’inchiesta su di lui.
«È il quarto controllo che subisco e non mi risulta ci siano mai stati problemi». Certo, quel tentativo di fornire all’antidoping urina proveniente da un pene finto fa sorridere ma, assicura Licciardi, «per me la cosa è più imbarazzante che grave. Non vi racconto ciò che mi dicono gli amici».
Sul caso specifico, poi, aggiunge un particolare non di poco conto: «Mostrerò al procuratore la bolla di spedizione per l’acquisto che risale a dieci giorni fa. Credetemi i miei risultati sono puliti».
Al di là della sua convinzione, resta - comunque - da capire se il tentativo di aggirare il controllo sia stato frutto di iniziativa personale, oppure dietro ci sia un intero sistema da smascherare. Una cosa, però, è certa: «Adesso il mio allenatore Angelo Carosi mi prenderà a calci nel sedere. Egli non ne sa nulla».
A Molfetta, comunque, non era proprio il giorno di Licciardi.
«I migliori sono passati troppo forte, 14’20" ai 5000. Al sesto chilometro avevo finito la benzina e mi sono fermato».
Ma il controllo (nominativo) è scattato lo stesso. Con l’epilogo che tutti conoscono.
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