IL CASO
«Licenziata perché non più performante»
Ma era malata: fibromialgia. La storia di Veronica di Vedano Olona
La fibromialgia non compare ancora negli elenchi ministeriali delle patologie croniche che danno diritto all’esenzione dal ticket. Non è nei Livelli essenziali di assistenza, i cosiddetti Lea che dovrebbero garantire cure e dignità a ogni cittadino. Eppure parliamo di una sindrome che colpisce circa due milioni di persone in Italia, lasciandole senza tutele sanitarie, lavorative e sociali.
Una bozza di aggiornamento dei Lea, predisposta dal ministero della Salute, prevede finalmente il suo inserimento come malattia cronica e invalidante, ma con un limite preciso: il riconoscimento dell’esenzione sarà concesso solo ai pazienti con forme molto severe, valutate attraverso un questionario clinico con punteggio superiore a 82 su 100. Il decreto è in fase di approvazione e non è ancora entrato in vigore, ma intanto chi soffre continua a vivere senza protezioni. Non si tratta di statistiche ma di persone in carne e ossa.
«ALL’INIZIO PENSAVO: È STRESS»
Come Veronica Mazzucchi, 48 anni, di Vedano Olona. La sua vita si è spezzata nel 2008, quando i primi sintomi hanno iniziato a farsi strada: un senso di fatica costante, dolori diffusi, l’impressione di non avere più energie. «All’inizio pensavo fosse solo stress, lavoravo molto, viaggiavo tanto», spiega Veronica: «Poi una mattina non riuscivo più ad alzarmi dal letto, avevo come una paresi dalla vita in giù».
Dopo mesi di accertamenti e diagnosi escluse, nel 2009 è arrivata la certezza: fibromialgia. La diagnosi, però, non basta se lo Stato non riconosce la malattia come tale. «Sono stata licenziata perché non ero più considerata performante», prosegue: «Ho smesso di viaggiare e di andare in vacanza, perché non voglio condizionare gli altri e da sola non ci posso andare. Mia madre mi aiuta moltissimo, ma non posso pretendere più di quello che sta facendo per me». Veronica ha reinventato la sua socialità attraverso l’arte, da scultrice e pittrice: «Sto preparando una mostra legata al tema del viaggio ma anche alla fibromialgia. Voglio che diventi un’opera di sensibilizzazione».
VISITE PRIVATE, MESI DI ATTESA IN OSPEDALE
Il fronte delle cure è altrettanto difficile. «Sono farmacoresistente», precisa: «Ho provato tutte le terapie possibili, ma senza benefici. I farmaci non mi danno sollievo, solo effetti collaterali. Mi hanno suggerito percorsi complementari ma gli integratori costano troppo». Per molti pazienti è lo stesso: spese continue, visite private, mesi di attese negli ospedali pubblici, la sensazione di combattere da soli contro una malattia che ti logora giorno dopo giorno.
È questo il nodo. Senza esenzione dal ticket, visite specialistiche, farmaci e riabilitazione restano a carico del paziente. Una spesa insostenibile, che aggiunge al dolore fisico il peso della solitudine economica. Le associazioni come l’Aisf denunciano da anni questa discriminazione: l’aggiornamento dei Lea è un passo avanti, ma resta parziale, perché lascia fuori migliaia di malati che, pur non raggiungendo i livelli di gravità stabiliti, vivono ogni giorno una condizione invalidante. La storia di Veronica non è isolata.
È la fotografia di un’Italia che si ostina a non vedere una malattia reale e dolorosa. Chi ne soffre non chiede compassione, ma il diritto a cure e dignità, quello stesso diritto che lo Stato continua a negare.
Sulla Prealpina di venerdì 7 novembre una pagina dedicata a questo caso e il commento del consigliere regionale Emanuele Monti.
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