LA TESTIMONIANZA
L'inferno al telefono
L'agghiacciante racconto di una donna sopravvissuta alla tragedia del pullman scontratosi con un camion in Calabria

Si sente una miracolata, ma non può dimenticare il boato, le urla, il sangue e la disperazione di quella terribile notte.
Antonietta Costa, 64 anni, siciliana trapiantata a Canegrate, si trovava sul pullman che alle 4.30 di domenica 28 luglio, sulla Statale 106, nei pressi di Villapiana, nel Casentino, è stato travolto da un camion guidato da un giovane bielorusso ubriaco (poche ore più tardi, sulla A16 Napoli-Canosa, 38 persone morivano su un altro pullman precipitato da un viadotto).
La donna era partita dal quartiere Canazza dove il bus di un’autolinea che fa la spola tra il Canton Ticino e la Calabria, avrebbe dovuto, in realtà, accogliere a bordo anche Giulia, la nipotina di 11 anni della sessantaquattrenne: «Di norma - spiega Michela Geraci, la figlia - mia madre viaggia in aereo, ma quest’anno le avevo chiesto di andare al Sud in pullman per portare con lei anche la mia bambina. E’ solo per una pura fatalità che la piccola non era a bordo. Quando infatti ha appreso che non avrebbe potuto fare il viaggio sul sedile accanto alla nonna, perché quel posto era già prenotato, è andata letteralmente in panico e non c’è stato più verso di convincerla a partire. Così è rimasta a casa con me e mia madre ha fatto il viaggio da sola».
Michela aveva chiamato la madre la sera, apprendendo che tutto procedeva bene e che sarebbe arrivata a Cirò Marina verso le 6 del mattino. A mezzanotte un’altra telefonata ha raggiunto il telefono della donna in viaggio: quella della nipote, che ha tranquillamente conversato con la nonna. Ma quel numero, rimasto memorizzato sul cellulare dell’anziana, è partito accidentalmente dopo il violento impatto con il furgone. Erano circa le 5, infatti, quando la nipote, riconoscendo il numero della nonna e rispondendo al telefono, ha sentito l’inferno: gente che chiedeva aiuto, che piangeva, il rumore delle sirene dei soccorsi e la voce della nonna che ripeteva che a bordo del bus era scoppiata una bomba.
«Siamo corsi a Malpensa e abbiamo preso il primo aereo utile - prosegue la figlia Michela - Con noi hanno viaggiato i parenti della donna che è deceduta a seguito dello scontro (l'altra vittima è stata il dodicenne marchirolese Leonardo Gualandris). Erano ignari delle condizioni della loro congiunta»».
Antonietta Costa è tornata a casa e ora sta con la figlia: il tremendo impatto le ha causato varie fratture, fra cui quella di uno zigomo e della mascella. Di lei si stanno occupando i medici dell’ospedale di Legnano, che la vedono quotidianamente per le cure del caso.
«Ho toccato con mano - conclude Michela - come in alcune parti del Sud Italia la sanità sia davvero a livelli vergognosi. Qui a Legnano, invece, mia mamma non ha trovato solo grande professionalità, ma anche persone che hanno saputo rassicurarla e dimostrarle affetto e comprensione. A loro e a tutta l’Azienda ospedaliera va il nostro più sincero Grazie».
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